Quarant’anni Ricorrono dal tragico evento sismico che il 23 novembre 1980 colpì l’Irpinia parte della Basilicata, portando in pochi minuti la morte a circa 3000 persone per la distruzione di interi paesi.
Dopo di allora altri terremoti si sono succeduti nella penisola italiana, colpendo soprattutto il Centro Italia, particolarmente suscettibile a questi eventi essendo posizionata, come noto, al confine tra la placca africana e quella euro-asiatica, nel Promontorio africano.
Le cronache degli ultimi decenni si sono riempite quindi di copiose descrizioni e disquisizioni sugli eventi di volta in volta accaduti e che hanno molto spesso comportato di nuovo la perdita di molte vite umane e la distruzione, oltre che di abitazioni civili, anche di immensi patrimoni architettonici di cui il nostro Paese è ricco.
Studi, ricerche, approfondimenti e simulazioni hanno chiarito la dinamica del sisma del 23 novembre e, visti i possibili tempi di ritorno di circa 40 anni, c’è la possibilità di un nuovo accadimento simile.
Gli anni trascorsi dal terremoto Irpino hanno consentito, pur con tempi lunghi e notevoli polemiche, la ricostruzione dei centri abitati distrutti e creato una positiva spinta per l’avvio di nuove attività industriali e commerciali nell’area erroneamente chiamata “del cratere”, ma oramai entrata nell’immaginario collettivo.
Purtroppo, come troppo spesso accade in Italia, esaurita la spinta emotiva ed economica del momento, il 90% di queste attività sono cessate, lasciando le classiche, tristi e inquinanti “cattedrali nel deserto”.
La lista dei terremoti noti in Italia è lunga mille anni per cui non ci può essere alibi nel dire: io non sapevo; in pratica tutto il territorio, con piccole e circoscritte aree quali la Sardegna, il Salento o l’avampaese Ibleo, dovrebbe consigliare di costruire edifici o manufatti in tali zone, sempre e soltanto dopo un approfondito studio delle condizioni stratigrafiche locali, iniziando dalla microzonazione sismica che dà delle puntuali indicazioni di fattibilità.
È precipuo compito dei geologi fornire ai progettisti tali parametri, indispensabili per edificare un “edificio sicuro” ma – purtroppo – ciò accade di rado e quindi i disastri continuano e continueranno nel tempo.
Tutto questo accade perché il cittadino italiano ha la memoria corta che, mentre si poteva giustificare, se non capire, nei secoli scorsi quando le conoscenze geologiche non erano sviluppate e diffuse, oggigiorno diventa criminale ignorarle, troppo spesso per un proprio immediato tornaconto, infischiandosi del benessere delle future – anche prossime – generazioni. Questa malattia può essere curata? Con la “Memorina” in compresse? Con iniezioni di “Non ti scordar di me”?
No!!! La medicina è stata anche quest’anno riproposta dal Consiglio Nazionale dei Geologi ed entusiasticamente accolta dai geologi italiani
è quella di informare, formare e quindi educare i giovani fornendo “pillole” di conoscenza geologica, dando particolare risalto alla prevenzione sismica, idrogeologica e vulcanica, i rischi che maggiormente affliggono l’Italia, con una capillare campagna di formazione che ha visto coinvolti centinaia di geologi e migliaia di studenti in moltissime scuole, dalla Primaria alla Secondaria.
È solo in questo modo, infatti, inculcando conoscenza e consapevolezza nelle giovani generazioni, che si può sperare in un futuro libero da vittime delle cosiddette “catastrofi naturali” che altro non sono se non l’espressione della normale dinamica terrestre; così si potrà in futuro accogliere il terremoto per quello che è: movimento attivo di una terra VIVA, con costruzioni, edifici, installazioni che ne tengano adeguatamente conto e nel tempo vengano monitorate costantemente. Se solo si pianificasse di adeguare alle possibili sollecitazioni sismiche il 20% degli edifici suscettibili si sarebbe fatto un gigantesco passo verso la sicurezza di tutto il patrimonio edilizio italiano e tante, tante vite umane sarebbero risparmiate.
Dott.ri geologi Anna Improta Salvatore Candila Centro Studi AmbienteSicurezzaSalute ARSDiapason