Dopo due anni e mezzo di frequenza della scuola media, mi chiedo cosa abbia dato la scuola a Zahara. Cosa ha fatto per aiutarla a crescere, per farla stare bene e per insegnarle qualcosa?
Rivisitare un’esperienza di cui si è fatto parte non si può fare senza sentire la responsabilità di quello che non si è fatto o non si è riusciti a fare. Nella scuola si convive con questa consapevolezza di non fare quello che si dovrebbe. Quello che sarebbe giusto fare per chi entra a scuola con delle aspettative; aspettative che spesso rimangono deluse.
Tante voci gridano: sono loro che non si impegnano, sono loro che non si adeguano. Ma la tua voce interiore ti urla che il sistema non funziona, che l’ingranaggio non ti permette neanche di accorgerti che ne fai parte e ne sei responsabile.
Zahara è una ragazza arrivata dal Marocco insieme alla mamma e due fratelli per ricongiungimento familiare. Il salto per lei è stato grosso e il suo carattere timido e chiuso non le ha permesso di affrontare la nuova realtà. Sentirsi sempre ultima ovunque non è facile: ultima in classe, in difficoltà nel piccolo gruppo di italiano L2. Sembra sempre assente, estranea a quello che le succede intorno. Solo nel rapporto individuale comunica qualcosa.
In classe ci sono due compagni del Marocco, ma una sola sa parlare marocchino; diventa per un po’ la sua compagna di banco e le fa da interprete.
La sua lentezza a capire la lingua italiana diventa subito un alibi per tutti, compagni e professori, per lasciarla a se stessa. Anche Fatima, che riesce a parlare con lei in marocchino, si stanca subito; non vuole più stare vicino a lei, ha paura di essere identificata anche lei come straniera; lei ama il Marocco, tanto da volerci andare ad abitare da grande finiti gli studi, ma è nata in Italia e sente questa forza.
Zahara si chiude sempre di più; sembra che tutto intorno a lei le sia nemico.
I compagni si scoraggiano subito, non le stanno più vicini. Nei professori nasce il pensiero che Zahara sia poco intelligente. Lei si rifugia nel suo mondo e nella sua lingua: appena può legge e scrive in arabo e si estranea. Sembra che non veda alcun senso nelle cose che le si chiedono: Perché le vengono chieste cose che nessuno nella scuola precedente le ha chiesto? Non le sembra giusto. Il nuovo professore di italiano stabilisce che non avendo capito un breve testo che le aveva sottoposto, lei ha difficoltà di apprendimento, perciò propone di parlare con i genitori perché si rivolgano ai servizi sociali per una certificazione come disturbo dell’apprendimento. Alcuni professori non sono d’accordo e non se ne fa nulla.
Sembra che Zahara non stia a cuore a nessuno. Ognuno propone qualche sistemazione per lei, la si avvia ad un doposcuola ma neanche qui trova un vero riferimento. E’ una girandola di persone, spesso di studenti.
Tante persone sembrano occuparsi di lei, ma nessuno se ne cura veramente. Nessuno è in grado di farle capire che lei non è “scema”, non sa solo la lingua e tante conoscenze non le ha solo perché nessuno, oggi e ieri, gliele ha mai insegnate.
Quale opportunità ora le viene data? Solo quella di adeguarsi, di non avere esigenze particolari, di annullarsi nella collettività. Così fare i compiti diventa la sua urgenza; non importa se non li capisce, non importa se li copia. Stenta a dire che non ha capito a meno che non le si faccia la domanda diretta. Così insegue il programma che si svolge in classe, la preparazione per le verifiche e per le interrogazioni. Chi lavora con lei al pomeriggio, al doposcuola o a livello personale, entra in questo vortice nella illusione che lei si senta qualche volta adeguata a quello che fanno gli altri.
Così Zahara vive gli anni della scuola media come un incubo, come un tunnel di cui non vede la luce. Non può che intristirsi La scuola che frequenta ha fama di preparare bene gli studenti per le superiori, ma per ottemperare a questo mandato che si è data da sola, abbandona a se stessi tanti ragazzi che non hanno alcuna colpa se non quella di avere una certa deviazione dalla media standart o di avere dovuto affrontare delle difficili vicissitudini della vita
Sentirsi da soli è difficile e talvolta complicato da superare… Ma sentirsi soli in un paese straniero è faticoso e poi se aggiungiamo “l’ingrediente” scuola diventa un mix esplosivo.
Diventa una sfida continua non solo il dover imparare qualcosa di nuovo, ma adattarsi ad un ambiente culturalmente diverso dal tuo.
Io ho avuto la fortuna di trovare una bella scuola che mi ha aiutata e supportata, purtroppo Zahara non è stata così fortunata.
Solo chi ha vissuto una esperienza simile può capire le difficoltà di “essere straniero” …
Paola