di Emilia De Rienzo
Marìa Zambrano nel libro “Per l’amore e per la libertà” parla di “aula come luogo di speranza aperto a tutti” una enunciazione che definisce un programma o per lo meno ce ne dà il senso, la direzione.
Al centro del suo concetto di “educazione” si incontra il concetto di “persona”:
“la persona umana – dice – costituisce non solo il valore più alto, ma la finalità stessa della storia. Che il giorno benedetto in cui tutti gli uomini saranno riusciti a vivere pienamente come persone, in una società che li accolga in un ambiente appropriato, l’uomo avrà finalmente trovato la sua casa, il suo “luogo naturale” nell’universo”
Ecco che anche l’aula dove il ragazzo vive gran parte della sua giovinezza non può che diventare un luogo, uno “spazio educativo”, in cui ogni ragazzo dovrebbe sentirsi “accolto”, in cui si dovrebbe lavorare per una “relazione” significativa tra adulto e ragazzo, ma anche tra ragazzo e ragazzo. Uno spazio, quindi, che forse dobbiamo ripensare e immaginare in modo nuovo, se è vero quel disorientamento di cui tutti non si fa che parlare.
L’aula può essere intesa nel suo significato etimologico come un luogo “vuoto” o come altri la vedono un luogo già “pieno”.
L’aula, come luogo vuoto, la possiamo vedere come uno spazio da far vivere proprio nel rapporto allievi-insegnante, un luogo da costruire “insieme” nei reciproci ruoli e e nelle reciproche competenze.
Nell’aula come luogo già pieno, invece, è già stabilito cosa ci deve essere dentro: i ruoli, i metodi e i contenuti sono già definiti a priori e insegnante e alunni, devono quindi solo conformarsi e attenersi alle norme che sono stabilite una volta per tutte, altrimenti ne sono esclusi (cioè chiusi fuori). In questo caso cosa ne faremo di tutti quelli che rimangono “fuori”, cioè di chi non riesce ad adeguarsi? E soprattutto chi definisce ed in base a quali parametri chi è adatto?
L’aula è intesa dalla Zambrano “come uno spazio di speranza aperto per tutti” è un luogo dove ogni alunno, qualsivoglia alunno, possa sperare di uscire più ricco e più forti più persona, più attrezzato per affrontare la vita, ma soprattutto un luogo dove il futuro possa essere in qualche modo giocato e non precluso, un luogo dove quindi ognuna possa trovare quel “nutrimento” adatto a lui per una crescita più sana e più ricca a partire da ogni diversità (da notare che la parola “alunno” ha la stessa radice di alimento) .
Uno spazio aperto, dunque, dove non si sceglie chi deve entrare o no, ma dove ogni individuo che entra ha “valore” così qual è e al cui interno si sentirà rispettato nel suo particolarissimo modo di essere.
Educazione come sviluppo “integrale” della persona: del corpo, della mente, dell’intelligenza come della sensibilità, della responsabilità individuale e sociale, come ricerca della propria originalità…
Un’educazione che liberi gli esseri umani, per aiutarli a a diventare persona.
Mi sembra chiaro che in questo luogo ogni studente si sentirà accolto nell’unicità della sua storia. Solo tenendo conto del passato di ognuno, dei suoi vissuti, il futuro può essere un orizzonte aperto e ricco di possibilità a venire.
Condizione importante è che l’insegnante inoltre cerchi soprattutto di fare in modo che in questo luogo per quanto circoscritto si possa “star bene insieme” e star bene non vuol dire essere esonerati dalla fatica e a volte dalla sofferenza, ma rispettati.
In questo progetto l’insegnante è protagonista, ma lo sono anche i ragazzi. C’è quindi una corresponsabilità e reciprocità anche se è l’adulto in quanto tale a dover condurre il gioco, a dover prima di tutti mettersi in gioco.
Ecco cosa scrive un’insegnante elementare su Facebook, Enrica Ena, che ho avuto il grande piacere di conoscere di persona , dopo aver pensato a come accogliere i sui nuovi allievi di prima elementare, aspettando l’inizio della scuola:
In aula piovono libri, lettere e numeri, che attendono di essere adottati dalla nuova prima elementare. Ogni bambino sceglierà un libro, una lettera e un numero e li prenderà con sé per diventarne responsabile per tutto il nostro viaggio.
E poi, in un angolo, posato tra le scatole di pasta e tappi, c’è un altro nuovo libro: è quello di Jimmy Liao. A questo è affidato un compito davvero importante: quello di portare tra noi il desiderio, così da accompagnarci verso “l’erba delle stelle” del Festival Tuttestorie.
Per tutto il resto, bisogna attendere i bambini. Ormai lo sappiamo bene, la vera forma di ogni cosa può arrivare solo nell’incontro con loro.
Ma per questo, bisogna aspettare che sia lunedì…
E’ questa la scuola in cui crediamo: una scuola in cui tutti imparino ad ascoltare e nell’ascolto dell’altro a comunicare, prima di tutti l’insegnante, una scuola dove i bambini possano esprimere un desiderio.