Sabato mattina, nella giornata dedicata al cineforum, sono andata in una quarta e quinta elementare.
Mi sono trovata proiettata nel vedere il film “La vita è bella”, film splendido con Benigni.
Quando sono entrata in sala il silenzio regnava nella sala, e qualche sorriso si sentiva timido dai bambini sempre più attenti.
Appena ho sentivo un piccolo mormorio, per ricatturare l’attenzione, prontamente ho bloccato la proiezione, e con discorsi allegri e facendo sempre parlare loro, li ho riportati all’attenzione del film.
La prima parte del film è una splendida favola d’amore “buon giorno principessa”, ma mi sono resa conto che la seconda parte, quella della deportazione in un campo di sterminio, è stata dura per i bambini, sicuramente per bambini che pur avendo 9 o 10 anni erano fuori da quella realtà che non conoscevano, perché a casa mai nessuno ne aveva parlato.
Il lavoro più duro è stato far comprendere che quello era un film, che proiettava una parte della storia avvenuta per davvero, ma che fantasia ho dovuto avere per dare a loro la forza di continuare a vedere il film, senza aver paura o piangere!
Anche se io stessa avevo tanta voglia di piangere, per quella realtà passata, ma che sento nel cuore vicino a noi.
Ho sempre detto che la storia è ciclica, ma quanto è vero…
La fantasia ha voluto che in quell’istante eliminassi tutta la parte del film del campo per proiettarli direttamente quando il piccolo bambino vede il carrarmato e pensa di aver vinto il gioco, gioco di fantasia del padre.
Gioia di un bambino che rivedendo la madre pensa che comunque il tutto è stato un gioco, e che il bene vince sempre sul male.
Ebbene sabato in quell’aula mi sono detta,” Anna, è giusto?”, forse sì parlarne ancora, proiettarli in quel mondo e dare uno sguardo al presente.
Ero molto attenta a tutto quello che mi domandavano, ma all’improvviso un bambino di quarta, alza la sua manina. Mi chiama e mi dice : “Anna, ma come fanno i tedeschi a festeggiare il giorno del ricordo?”
Quella frase mi ha gelato, ho visto davanti ai miei occhi tutto quello che avevo studiato, visto i documentari e tutti i films sulla vicenda…cosa rispondo?
Solo la mia grande capacità di parlare, parlare, mi ha aiutato…ma mi dicevo cosa dico, che in tutti i popoli ci sono i buoni ed i cattivi?
Tutti in realtà siamo buoni, solo che presi in un vortice di “onnipotenza” si può diventare cattivi?
O che pur sapendo di far del male era più comodo, girare il capo e far finta di non vedere…
Ma una bambina, bellissima, con il suo cappottino addosso, perché aveva freddo, si rivolge al compagno e le risponde “anche noi stiamo facendo così con i bimbi che sono a mare o gli americani con il muro, nessuno dovrebbe ricordare, se il ricordo non ti serve a nulla”
Ecco quella bambina, mi aveva tolto dall’imbarazzo, è vero noi ricordiamo, celebriamo, vediamo films e leggiamo…ma quanto di noi veramente vivono il sentimento e la consapevolezza di non far più lo stesso errore?.
Terminata la proiezione, i bambini mi hanno come sempre salutata con affetto, io sono rimasta in sala proiezione sola…e non vi nascondo che ho pianto, per quello che siamo e stiamo diventando…
Queste giornate della memoria, sono un buon spunto per affrontare argomenti duri e crudi con i nostri figli, anche se a dire la verità il telegiornale trasmette la sua dosi giornaliera! Ma un argomento così forte come l’uccisione di persone innocenti, trattate come schiavi è sempre difficile da spiegare perché una vera logica non c’è.
In casa abbiamo visto con mio figlio di 10 anni il film “Il bambino del pigiama a righe”, un film molto bello raccontato dagli occhi di un bambino tedesco. All’inizio avevo paura che non fosse adatto a lui, certe immagini sono difficile da cancellare dalla mente, poi ti chiedi giustamente cosa rispondere se ti chiedono “perché?”, pensi sempre che sia meglio rimandare la visione di un film che parla di argomenti così forti come l’ingiustizia e la cattiveria umana; ma poi ho pensato è giusto parlare, spiegare con semplicità che purtroppo il male esiste nella natura umana, l’importante è “combatterla” con le parole, con le nostre azioni di bene, denunciando le ingiustizie perché il silenzio ti rende complice.
Paola Pizarro