Un pensiero di affetto e vicinanza a tutto il personale della scuola: agli insegnanti, al personale ata, ai dirigenti; un pensiero agli otto milioni di alunni e alunne che tornano dopo tanti mesi di assenza; un pensiero ai genitori che aspettavano con gioia ma anche con tanta apprensione questo momento.
Sarà per tutti una prova difficile e a chi la sta organizzando, a chi l’affronterà con tutte le incognite e i pericoli che ci sono, dovrebbe andare tutta la nostra solidarietà e vicinanza. Aprire in sicurezza, nonostante i proclami, non è possibile in un’epidemia. Si può fare tutto il possibile, studiare tutto quello che è credibile, ma rimane un momento delicato, difficile da affrontare. Quindi tutta la nostra solidarietà e vicinanza a chi sta lavorando.
Sappiamo tutti i rischi, ma quegli otto milioni di allievi hanno bisogno di una classe in cui tessere relazioni, di docenti in carne ed ossa. Hanno bisogno di tornare a scuola, nelle loro classi, con i loro insegnati e con i loro compagni.
C’è quindi da augurarsi che questo sia un momento che avvicini tutti in uno sforzo collettivo e condiviso di collaborazione.
Nulla è stato detto in questi mesi di chiusura né tanto meno fatto su come cambiare una scuola che, già da tempo sappiamo non funzionare come dovrebbe. Ed invece Il Covid può diventare un’occasione di immaginare altre scuole possibili. Non si dovrebbe solo affrontare come evitare il contagio, ma anche come reimpostare la didattica, le classi, la relazione.
Tornare a scuola, quindi, anche per cambiarla con programmi rivisti e metodi di insegnamento diversi, una scuola che non lasci indietro nessuno, se no non è scuola. Una scuola che va re-immaginata come reale possibilità per tutti di vivere meglio, a partire dalle diverse capacità e possibilità, nonostante il Covid.
La didattica online è stata una novità rilevante imposta dall’emergenza. Ma, se da un lato ci ha familiarizzato con una didattica virtuale, dall’altro ha messo in luce ancora di più l’imprescindibile necessità della presenza fisica perché vi sia davvero una comunità educativa.
Se la scuola fosse, come sostengono alcuni, solo trasmissione del sapere, la scuola a distanza sarebbe la piena realizzazione, la lezione frontale il metodo didattico più idoneo. Ma non è questo che si è verificato, nemmeno per quegli insegnamenti come la matematica e le materie scientifiche che meglio si sarebbero dovuti prestare alla loro nuova veste telematica. La presenza dal vivo ha fatto, invece, sentire tutta la sua rilevanza per una didattica che parta dalla relazione, dal dialogo e dalla socializzazione.
Pertanto a voi insegnanti mi permetto di dire una cosa molto semplice, ma fondamentale: non abbiate fretta di andare avanti col programma; parlate con i vostri bambini o ragazzi, fategli raccontare cosa hanno vissuto in questi mesi, dategli questo spazio, fateli scrivere, disegnare, costruite il loro racconto collettivo, facendoli sentire vicini a voi e ai loro compagni, rendendoli partecipi…
E voi genitori collaborate, non siate in lotta con nessuno, cercate di aiutare chi è più in difficoltà. Insegnanti e genitori cercate di costruire un’alleanza solidale tra voi e con gli insegnanti. Fate in modo che la distanza fisica, diventi vicinanza di cuore e di menti, che le difficoltà che si dovranno affrontare non diventino possibili conflitti.
A chi sputa sentenze, crede di avere soluzioni facili in tasca, voltate le spalle e non perdete tempo a dare risposte. Nessuno ha pensato alla scuola e ai bambini in questo lungo lasso di tempo. Se così fosse stato oggi la scuola potrebbe aprire in sicurezza.
Molti adulti questa estate non hanno dato una bella prova di sé… Oggi è necessario ripartire, far diventare il covid, un’occasione per cambiare e costruire una società più sana. Perché solo una società più sana che sa collaborare, darsi da fare può sconfiggere la malattia.
La scuola è stata messa all’ultimo posto perché costa ma, se non produce denaro oggi, è il nostro futuro e da come la facciamo funzionare capiamo che società stiamo costruendo.
Proprio perché questo è il periodo in cui la parola “distanza” ha il sopravvento, diventa fondamentale imparare a costruire piccole comunità scolastiche, recuperare lo spirito di collaborazione e di fiducia fra alunni e insegnanti, fra insegnanti e genitori, saper costruire un buon clima di classe in cui non si perde tempo se un compagno ha bisogno di noi. Questo potrà diventare il periodo di un’educazione civica non teorica, asettica, ma viva, vera.
Infine un piccolo episodio che mi è capitato proprio oggi.
Ho incontrato sulle scale il mio piccolo amico S. di quasi 7 anni, mio vicino di casa. A debita distanza, mi ha fermato e mi ha detto: “Sai, Emilia, sono contento di tornare a scuola. È bello ritrovare i miei compagni e la mia maestra che mi vuole tanto bene”.
Ma S. a scuola non è stato sempre felice. L’anno scorso ha dovuto cambiarla, perché le maestre che aveva prima, fin dai primi giorni l’avevano segnalato per problemi di apprendimento… non c’era giorno che non glielo si dicesse.
E ha passato mesi molto difficili, era diventato silenzioso, si bloccava ogni volta che doveva imparare qualcosa di nuovo e tutto faceva credere che davvero avesse questi problemi.
Consigliati da una specialista che non aveva riscontrato nulla di anomalo in lui, i genitori gli hanno fatto cambiare scuola… e tutto pian piano ha mutato il suo corso. È tornato il sorriso, è tornata la fiducia di potercela fare, è tornata la voglia di affrontare la vita con tutte le sue difficoltà.
Perché è così, i bambini piccoli, se gli diciamo che non sono capaci, ci credono. E vale il contrario. Gli adulti per loro hanno sempre ragione.
Questo possono fare gli insegnanti… aiutarli a credere in se stessi. Questo non lo può fare nessun altro. La relazione con i bambini e con i ragazzi appartiene a noi.
In questo modo si esprime al meglio la nostra vicinanza.
E fare l’appello all’inizio del lavoro vuol dire chiamarli uno ad uno, per nome, dire loro: ci sei? Stai bene? Io sono qui per te.
Dire alla classe intera: io, noi siamo qui per tutti.
Insieme possiamo affrontare i problemi. Cominciamo.
ci uniamo al messaggio di vicinanza alla scuola, ai genitori , ai bambini e all’appello pedagogico di Emilia De Rienzo : che il Covid, pur così inquietante , solleciti insegnanti , educatori, genitori, a trovare una nuova dimensione di comunicazione e relazione con i bambini, a reinventare la scuola- da anni in crisi e “bloccata” – su nuove modalità di approccio e di considerazione del rapporto insegnante bambino, bambino-gruppo , su rinnovate energie e volontà- responsabilità, per costruire-ricostruire le comunità scolastiche sulle fondamenta della comprensione e fiducia reciproca , della comprensione dell’espressione di ciascun allievo, di una scuola – come diceva il pedagogista torinese Francesco De Bartolomeis : una scuola in ricerca permanente , fra insegnanti allievi e genitori. una nuova comunità di apprendimento e di socializzazione…sarà questa la scuola dopo COVID ?
il gruppo GAIE 2020- Centriniziativa CulturaSolidarietà ARSDiapason.