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Intervento Comportamentale/Educativo e intervento Psicoterapeutico

a cura di Elvio Mattalia

Se consideriamo gli approcci comportamentali/educativi rivolti al bambino come soggetto di difficoltà che insieme, medici, terapeuti, famiglia, possono trattare adeguatamente, trascuriamo che proprio i problemi mentali e il conseguente disagio psicologico tra madre/bambino possono costituire l’altro lato del problema e richiedere attenzioni e cure che l’approccio psicoterapeutico può offrire.

In effetti si tratta di riflettere sull’opportunità che non ci si rivolga soltanto a un trattamento comportamentale/educativo (linee guida) ma che sia necessario considerare, insieme, anche un trattamento psicologico/psicoterapeutico al fine di approfondire la ricerca sia sui fattori di origine sia sul trattamento dei bambini.

Contro l’unilateralità del modello delle linee guida è stata presentata una petizione, promossa dall’istituto di Ortofonologia di Roma e sostenuto dalla Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, per richiedere la riapertura e ridiscussione delle linee guida; la denuncia è stata accolta da; ”[…] numerosi politici che oltre a promuovere la petizione hanno anche presentato alla Camera dei Deputati una mozione per ribadire la necessità di riaprire la discussione sulle linee guida. La mozione impegna il Governo in vista della giornata mondiale sull’autismo che ricorre annualmente il 2 aprile ad accelerare il processo di revisione delle linee guida che non può attendere la prevista scadenza del 2015 “(agenzia di stampa quotidiana DIRE Minori; newsletter del 23/3/2012).

(Nota: per ora la richiesta non ha avuto esito e la revisione delle linee guida ha confermato  esclusivamente gli approcci psicoeducativi).

In effetti se consideriamo i due ambiti di intervento nella saggistica riferita sia all’approccio comportamentale /educativo/ evolutivo sia quello psicologico/psicoanalitico troviamo, in entrambi gli interventi, soddisfacenti miglioramenti e soluzioni di problemi. Valgano per il primo: Maurizio Arduino, Il bambino che parlava con la luce, Einaudi, Torino 2014, AA.VV, Un intervento precoce per il tuo bambino con autismo, come utilizzare l’Early Start Denver Model in famiglia, ed. Hogrefe, Firenze 2015. Sono interessanti per il secondo l’approccio psicoanalitico lacaniano che troviamo descritto in M. Egge, La cura del bambino autistico, Astrolabio, Roma 2006 e A. Di Caccia, Qualcosa da dire al bambino autistico, Borla, Roma 2011, o, per i casi trattati, AA.VV., Storie autistiche e altre storie. Esperienze di psicoterapia psicoanalitica, Borla, Roma 2007.

A proposito di PSICOANALISI/NEUROSCIENZE e AUTISMO è interessante considerare tre interventi teorici di approfondimento –  che verranno trascritti, estrapolati -, contenuti nel n. 3 del luglio/settembre 2016 della Rivista di Psicoanalisi:

–  M. Breccia “Autismo. L’altro nel corpo”:

Se l’autismo riguarda al suo esordio l’infanzia e la primissima infanzia – questa è infatti la sfida delle più recenti ricerche  – e la ricerca si impegna a trovare parametri adatti ad individuare una diagnosi precoce e precocissima ai fini della cura… tutto ciò non può non riguardare tutta la comunità scientifica e in particolare quella psicoanalitica, per la necessaria cooperazione di forze che ciò richiede. La sfida sta infatti nel poter cooperare tra discipline diverse, non per perdere un’identità di specifica appartenenza scientifica a favore di un’identità integrativa, ma casomai per ridefinire un necessario equilibrio dinamico nella distinzione tra le due ...”  p.647

–  F. Barale “Entrando nell’autismo”:

“… il percorso nosodromico della psicosi è spesso lungo, complesso e tutt’altro che lineare, sia prima che dopo gli esordi. Talvolta esso è punteggiato o clamorosamente segnalato” da “momenti catastrofici” … “Vi è spesso …prima e attorno a questi momenti critici, una lunga pre-istoria e una lunga storia pre-clinica e sub-clinica: è una storia di trasformazioni che sono, contemporaneamente, trasformazioni di assetti mentali, dell’esperienza del Sé, dell’esperienza del mondo e dei concomitanti assetti neurobiologici. Inoltre nell’andamento e nelle direzioni che questa storia lungamente sotterranea può prendere, possono intervenire fattori molteplici… Nel caso dell’autismo ….la forza delle matrici biologiche” è “evidente e in molti casi direttamente determinante. Di ciò la psicoanalisi dovrebbe prendere atto, proprio per non collocarsi in modo sbagliato fin dall’inizio nella questione, cosa indispensabile peraltro alla sopravvivenza stessa del punto di vista psicoanalitico in questi ambiti clinici. Sarebbe infatti ben difficile ipotizzare una qualche “psicogenesi” all’origine di quelle antipatie di organizzazione sinaptica, che datano ai primi mesi di gravidanza, che sono alla base di quegli aspetti nucleari del funzionamento mentale  autistico, messi in luce dalla ricerca neuropsicologica dei decenni scorsi; aspetti nucleari che fin dall’inizio complicano terribilmente la costruzione del mondo oggettuale inter-umano, ne alterano l’ “evidenza naturale”, ne rendono problematica e fragile la costruzione.

Difficile anche pensare a una “psicogenesi” delle alterazioni dei neuropeptidi implicati nella neuro-organizzazione, rilevate già alla nascita…, o, per restare al microscopico, immaginare una psicogenesi dei pattern atipici di crescita cerebrale  (aumento complessivo di corteccia cerebrale e accelerazione del tasso di crescita tra i due e i quattro anni, squilibrio nei tassi di crescita tra regioni frontali e temporali, abnorme allargamento dell’amigdala ecc.)… Per restare su un terreno più psicologico…nella ricerca sull’autismo i tentativi di individuare nelle popolazioni a rischio attendibili indicatori precocissimi hanno dato risultati sostanzialmente assai incerti, sotto il primo anno di vita. I bambini a rischio di autismo nei primi 6-12 mesi, nella maggior parte dei casi guardano e sorridono ai loro interlocutori umani in modi spesso non dissimili rispetto ai controlli sani. La situazione è invece molto differente nel secondo anno di vita… E’ solo verso i dodici mesi che gli indicatori di uno sviluppo atipico nel comportamento sociale diventano chiaramente identificabili …. Intere metodologie e sistemi di intervento abilitativo precoce sono state comunque sviluppate a partire da queste evidenze… Questo interesse per i percorsi pre-clinici e prodromici non è certo cosa nuova. Voglio ricordare un seminario tenuto da Marcella Balconi agli inizi degli anni settanta, centrato sui filmini famigliari “(compleanni, primi bagnetti, feste di Natale) in cui “già si potevano vedere, prima che il problema fosse conosciuto o anche solo sospettato, la debolezza interattiva, la difficoltà di condivisione inter soggettiva, di sintonizzazione mimica ed emotiva, di reciprocità, in casi in cui a distanza solo di un paio di anni l’autismo sembrava esser piombato a ciel sereno con l’aspetto di una brusca regressione in occasione di qualche circostanza stressante.

…Occorre anche evidenziare che “se è vero che una volta consolidatosi, l’autismo dura in genere tutta la vita, vi è un periodo di plasticità ed instabilità importante, nel quale i giochi parrebbero aperti. Negli anni scorsi, ad esempio, diversi gruppi…hanno ripetutamente messo in evidenza che una percentuale significativa di bambini piccoli che hanno ricevuto una diagnosi precoce …. o hanno presentato significative caratteristiche di sviluppo simil-autistico “escono dalla diagnosi”(cioè non possono più essere considerati autistici) all’età di cinque anni. I fattori correlati a queste evoluzioni positive non sono ancora affatto chiari.

il bambino a sviluppo autistico ”cerca di cavarsela con ciò che ha a disposizione” (Meltzer, 2000)” pur con tutte le sue difficoltà nei vari ambiti neuropsicologici e di vita” E’ in questo “cercare di cavarsela” che il bambino” procede nel suo sviluppo stentato tipico di un sistema fragile” che poi può anche collassare a seguito di traumi anche banali (una malattia, l’asilo, la nascita di un fratellino, un’assenza di qualche giorno dei genitori).

Quanto detto e cioè “che la ricerca sull’autismo sta cercando di descrivere minuziosamente “dall’esterno”, ha anche evidentemente un versante “interno”. Tant’è che intelligenti studiosi non psicoanalisti dell’autismo, come Jill Boucher (neurolinguista e psicologa cognitiva a Londra) o Robert Peter Hobson (professore di psicologia dello sviluppo a Londra) hanno rilevato il paradosso degli ultimi decenni: scomparsa la psicogenesi dell’autismo (a cui da molto tempo non crede più nessuno, salvo che piccole enclaves sempre più isolate dalla comunità scientifica internazionale), il segmento mancante delle attuali descrizioni  degli sviluppi autistici è semmai proprio quello psicodinamico. Si tratterebbe quindi, secondo questo punto di vista, di prendere in considerazione la psicodinamica degli sviluppi autistici, cioè di questi singolari sviluppi umani che avvengono a partire da quelle particolarissime pre-condizioni. A mio parere anche questa affermazione è ingenerosa, dato il patrimonio di “insight” sull’esperienza interna autistica e la sua fenomenologia, che ci hanno lasciato grandi clinici psicoanalisti del passato come Mahler, Tustin, Meltzer ed altri, è comunque prezioso e potrebbe essere considerato del tutto attuale, una volta districato dai lacci dei fraintendimenti etologici e da altri errori di valutazione, non più sostenibili poiché smentiti dalle nuove conoscenze.

Esiste dunque il problema di ricollocare nel contesto delle conoscenze che nel frattempo si sono sviluppate al di fuori della psicoanalisi (e che non possiamo ignorare) quella preziosa eredità di pensiero psicoanalitico e anche gli ulteriori passi avanti che sono stati fatti, penso ad esempio al tema delle “forme di vitalità” che Daniel Stern stava portando avanti prima di morire e che aveva suscitato l’entusiasmo di Giacomo Rizzolati.

“Le forme vitali. L’esperienza dinamica in psicologia, nell’arte, in psicoterapia e nello sviluppo Daniel N. Stern editore: Cortina Raffaello Collana: Psicoanalisi e ricerca Anno edizione: 2011 Pagine: XII-143 p., Brossura

Descrizione

In questo  libro, lo psicologo e psichiatra Daniel Stern esplora il tema finora misconosciuto della forza “vitale”- ovvero la qualità che accomuna tutti gli esseri viventi. La vitalità assume molte forme dinamiche ed è presente ovunque: nella vita quotidiana, nello sviluppo psicologico, in psicoterapia e in diverse espressioni artistiche. Ma che cos’è esattamente? Esiste una varietà pressoché infinita di forme vitali. Come possiamo allora studiare questo fenomeno? Finora è stato considerato un argomento refrattario a ogni studio scientifico. Ma, secondo Stern, è possibile ricondurre la vitalità a processi fisici e mentali reali – movimento, tempo e forza percepita -, oltre che alle caratteristiche spaziali del movimento e alle intenzioni sottostanti. In questo libro straordinario, Stern mostra come lo studio della vitalità e delle sue origini evolutive possa contribuire al processo psicoterapeutico, individuando una possibile convergenza fra le teorie della vitalità e le attuali conoscenze sul funzionamento del cervello. Autentico tour de force di un eminente teorico e ricercatore, Le forme vitali è un libro profondo e accattivante, una lettura fondamentale per psicologi, psicoterapeuti e artisti. Da google]

In questa ricollocazione la psicoanalisi si troverà di fronte al compito, non facile, di compiere una revisione di molte “idées récues” tradizionali. Sappiamo ora per certo che  le condizioni autistiche non sono la conseguenza di chiusure o fallimenti nella relazione  con i “care givers”, alla base di fissazioni a presunte fasi primitive”autistiche” dello sviluppo; sappiamo anzi che queste fasi, non esistono proprio, che il bambino autistico non è un principino chiuso nella sua conchiglia difensiva, terrorizzato, in attesa che si creino le condizioni per fidarsi un po’ di più dell’interlocuzione umana, e che l’assenza di linguaggio nell’autismo non è un mutismo psicogeno… sappiamo anche che gli sviluppi autistici sono fin dall’inizio particolarissimi, idiosincrasici, a partire dall’organizzazione percettiva stessa…Sappiamo che da quelle modalità idiosincrasiche di “cavarsela con ciò che si ha a disposizione” prendono forma mondi di esperienza peculiari e modi di funzionamento della mente …che vanno conosciuti”

In ultimo occorre considerare “quelle strategie più consapevoli del fatto che interventi riabilitativi sensati non possono riguardare solo la modifica/aggiustamento dall’esterno di comportamenti disadattivi, ignorando l’esperienza interna, le emozioni, le fantasie, le angosce. Strategie consapevoli anche del fatto che qualunque abilitazione vera deve cercare di attivare, “dall’interno”, competenze interattive, intersoggettive, di reciprocità, di condivisione affettiva, per poi magari pazientemente tessere possibilità di gioco, di riconoscimento di stati mentali, di pensiero.

In sostanza, il quadro di conoscenze attuali non solo non cancella, ma anzi rende ancora più importante il contributo della psicoanalisi. Perché l’atipia e la debolezza originarie da cui l’autismo prende le mosse, diventano comunque vicenda umana, che si riempie di significati, di vissuti e dinamiche preziosi da comprendere, comprensione tanto più efficace se quei vissuti e quelle dinamiche non saranno scambiati per le cause o per la totalità del fenomeno, e se riusciremo quindi a collocarli più adeguatamente nella complessità dei percorsi evolutivi di cui fanno parte…”

  • Sandra Maestro, Raffaella Tancredi “Psicoanalisi e autismo: dialoghi tra mente e corpo”

“…come psicoanalisti di bambini, da sempre ci confrontiamo con la necessità di integrare nelle nostra “reverie” (Bion) il biologico con il mentale, lo sviluppo somatico con il divenir dell’organizzazione psichica, l’ambivalenza soma/psiche nella costituzione del soggettivo, il linguaggio del corpo e dell’azione con la formazione del “Sè agente” (Stern). Nella terapia di un bambino l’analista deve spesso cimentarsi nella paziente ricerca e attesa dell’emergenza del verbale dal pre-verbale, del simbolo dall’asimbolico, della percezione dalla sensorialità, del sentimento dallo stato corporeo. L’autismo è una patologia dello sviluppo paradigmatica di questa complessità, per la costante sollecitazione della mente dell’analista a creare nessi/reti di significato che diano senso/direzione all’apparente afinalismo comportamentale del bambino.

…… L’enorme impulso sulle origini organiche dell’autismo ha portato, nelle sue derive più radicali, ad un’accentuazione della dicotomia tra substrato biologico e funzionamento psichico, esiliando per un lungo periodo la psicoanalisi e gli psicoanalisti dal territorio di questa patologia. E’ possibile dunque riprendere oggi come psicoanalisti la riflessione sull’autismo attraverso forme di pensiero che consentano al soggettivo di rimanere agganciato al neurobiologico, senza esserne fagocitato, annullato, permanendo in una posizione dialettica…?” L’idea è che “queste integrazioni debbano avvenire prima di tutto all’interno dell’analista, contaminando le sue pre-concezioni, le chiavi di lettura dei fenomeni osservati, e in ultima istanza le teorie, i modelli e la tecnica” p. 663, 664

  • In ultimo è interessante considerare quanto dice Lo psicoanalista Antonino Ferro, già presidente della società psiconalitica italiana a pag. 150 del testo intervista a cura di Luca Nicoli, (Pensieri di uno psicoanalista irriverente. Guida per analisti e pazienti curiosi, R. Cortina, Milano2017): “Io credo che la psicoanalisi tornerà ad occuparsi di zolle di funzionamento autistico e di pazienti autistici-questa è una mia previsione- e che avrà delle grandi vittorie. Credo che sarà uno strumento terapeutico assolutamente efficac

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Programma del Convegno

29/30 MARZO: CONVEGNO APPROCCI ALL’AUTISMO A CONFRONTO

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