Spunti di Riflessione dai Seminari OPEN GROUP: Riflessioni sul ruolo educativo della famiglia
Interlocuzioni e risposte di Germana De Leo ( neuropsichiatria infantile)
“Rispetto ai tempi in cui erano chiari i compiti di appartenenza alla famiglia e alla tribù, la nostra epoca di grandissima libertà, offre da un lato un ventaglio di possibilità che prima non c’erano, dall’altro, rende insicuri perché ognuno può costruire il suo destino in modo diverso, senza il rassicurante consenso del clan-del gruppo- dell’entourage sociale.
Si deve considerare che i bisogni ed i processi intrapsichici che formano l’individuo si organizzano avendo come centro le relazioni nel gruppo famigliare.
Nelle passate generazioni i genitori non avevano sul proprio ruolo, così tanti dubbi perché era sintonico con il proprio sistema (cultura) di riferimento: stessi segni, stessi significati. Il genitore di oggi non ha più questi riferimenti, è insicuro come individuo e genitore e deve costruirsi “da solo” l’idea di come essere a sua volta genitore (cercare di riprodurre il modello ricevuto o divergere da esso?)
Si parlava di sicurezze perdute nel rapporto con il bambino, penso che comunque il rapporto genitori figli, rispetto al passato, si è andato migliorando: le relazioni intra-famigliari si sono maggiormente diversificate ed arricchite in comunicazione ed affettività, ed è proprio questo arricchimento che rende più complesso il percorso di crescita dell’individuo moderno, più fragile la struttura famigliare, più problematica la gestione delle singole individualità nella famiglia e nel sociale.
- Crisi della famiglia conflitto genitori figlio adolescente
L’adolescente mette in crisi la sua famiglia, e richiede ad essa “l’impossibile” perché è l’unica sicurezza che possiede, può essere “brutta”, “povera”, “perversa”… ma è il suo “ io-mondo”, anche quando si tratta dei genitori peggiori e tra loro vi siano rapporti tragicamente conflittuali, il figlio si riferisce e richiede conferme e comprensioni. Gli adolescenti, alla ricerca della propria individualità, vedono gli adulti come modelli ed esempi, richiedono loro un aiuto a capire la complessità del mondo, perché è dell’esterno e delle proprie oscillazioni interne che hanno paura.
Sono molti gli elementi di violenza, di aggressività, di dissonanza che coprono la profonda insicurezza che invece è alla base di molti comportamenti dissociali nei giovani. L’assunzione di caratteristiche del gruppo di pares che sceglie, consente all’adolescente di condividere con gli altri, pur mascherandole, le proprie paure: la paura di non farcela, di non riconoscersi, di non venire apprezzato.
La ricerca di sicurezza passa attraverso questo bilanciarsi tra obbedienze e trasgressioni, fra gioia e dolore, tra piacere e dispiacere.
Nella maggior parte dei casi che giungono alla consultazione psicologica-preventiva, ciò che l’adolescente critica maggiormente della sua famiglia è la “poca vitalità “ che la famiglia attiva nei confronti dell’esterno, che invece per il giovane è pieno di possibilità e di seduzioni.
I disturbi in età adolescenziale prevalgono in questi gruppi familiari con una vita interna molto chiusa, “povera” ( può essere povera di relazioni anche in ambiente molto acculturato) perché gli adolescenti si interrogano sul senso della vita ed il suo significato e se la famiglia coltiva poco l’intimità, il dialogo, la gioia di vivere, se i genitori si sentono schiacciati dalle responsabilità, non riempiono la propria vita di cose piacevoli, ed esprimono così pesantemente la loro fatica nel vivere, l’adolescente percepirà i propri genitori (modelli per il proprio futuro) scontenti, oppressi dai problemi, con poche relazioni sociali, che esempio? perché dovrebbe diventare come loro? In un tale contesto è più facile che i giovani cerchino di trasgredire e certamente non hanno fiducia nella futura età adulta come stato esistenziale in cui i problemi si risolveranno.
Come si diceva, un adolescente non rifiuterebbe mai i propri genitori, ma non riesce per dinamica e fisiologia evolutiva, ad identificarsi con loro fino in fondo, e non senza conflitti, come molti genitori ed educatori desidererebbero dai figli e dagli alunni.
- Crisi del genitore severo o lassista?
Il senso della solitudine, il vissuto/esperienza del non essere capito, del non essere riuscito ad esprimersi, che risalgono all’età infantile anche molto precoce, sono inscritti profondamente in ciascun individuo Quando si diventa genitori queste esperienze e vissuti “lievitano” e danno origine a una particolare lettura della realtà e determinano un tensione all’agire verso e per l’altro, il figlio.
Ad esempio, si cerca inconsciamente di evitare al figlio ciò che non è stato possibile evitare a se stessi quando si era piccoli o di offrirgli ciò che non si è avuto.
Quando un genitore dice al figlio:”Scegli tu” è un “lassista”? E se questo atteggiamento nascesse da un’inconscia paura, e si agisse per evitare di fare del male al figlio?
Molti comportamenti umani sono “doppi”…..si pensi al moralismo sui media con cui si giudica una mamma che partorisce e abbandona il figlio. Attraverso i casi clinici, invece sappiamo che molte di queste madri abbandonano i figli per “amore”, perché sentono che non avranno la possibilità di accudire adeguatamente al proprio bambino.
E’ chiaro che si tratta di uno “splitting” (scissione) tra motivazione e condotta sociale, ma la motivazione interna è di rispetto e cura, che in quel momento non possono essere offerti, non sono sostenibili emotivamente, da madri fragili non necessariamente diagnosticabili come “patologiche”.
Al di là di questi casi limite, molti atti dei genitori hanno la stessa caratteristica cercare di dare al figlio di più e di meglio, avendo anche timore che il figlio ripeta i propri errori, le proprie fatiche e questa preoccupazione invece di suscitare maggiore comprensione, e maggior disponibilità a riflettere con e su i figli e sé stessi, (attenzione educativa) li fa invece agire in modo inadeguato, conflittuale.
- Crisi del genitore educare o reagire ?
I processi inconsci che si proiettano nelle singole azioni educative, fanno assumere facilmente degli atteggiamenti contraddittori ….per cui ad esempio si lascia il bambino scegliere ad oltranza, tranne quando poi non se ne può più ed allora si impongono limiti rigidi, interrompendo l’illusione di “donatività” tra genitore e figlio. E si aprono i conflitti…manifesti o repressi .
Hanno un bel dire mamme, ed educatori, sollecitando i bambini ad esempio “Quando incontriamo qualcuno saluta!” …ma se il bambino in casa sua sente il padre sbuffare quando il campanello suona e teme di essere disturbato, se sente la madre far finta di essere cortese al telefono ma intanto la vede abbozzare impazienza….. la coerenza di cui si parlava dove la coglie ? E così il bambino si permette come individuo, come “essere individualista” che cerca soluzioni e conferme che non trova, di trasgredire, di opporsi. In effetti sta solo cercando di adeguare il comportamento a quello dei genitori. suo esempio e modello.
Forse non teniamo sufficientemente in conto quanto il bambino sia autonomo, nonostante le regole che gli diamo e i comportamenti che gli richiediamo. E quanto sia osservatore e dipendente da ciò che sente, vede, crede, interpreta.
Genitori ed educatori, ovvero gli adulti , sperano e ricercano la correttezza dell’atto educativo, per far meglio o più sicuramente, capire al bambino ed apprendere le regole, il comportamenti, le nozioni di conoscenza etc.( nel passato era in uso l’espressione “forgiare le menti”=educare)
Ma per sua “fisiologia e natura” il bambino apprende in modo complesso non lineare, apprende poco da un singolo atto educativo, molto ben di più dal clima educativo generale in cui si compie l’atto educativo
Potrei articolare così, un piccolo Memorandum per voi Genitori e Noi Adulti
Un bambino è più attento e reattivo
ai COME che non ai PERCHE’
….sui perché…si interroga e vi interroga già lui
Ai MODI che non ai FATTI
( per questo ahimè, si lasciano allettare facilmente dagli estranei…gentili…per questo esiste da che mondo è mondo la seduzione della pedofilia !)
Al QUANDO che non ai TEMPI
( per questo ahimè è sempre lotta con l’orologio tra genitori e figli, l’adulto con la fretta segnata dai tempi/orari, il bambino con l’incosapevolezza dell’ora che passa, …tanto “sa’” che prima o poi ….si andrà.)
————————————————————————————————
(© diritti d’autore ed editoriali del Centro Studi ARSDiapason)
La famiglia è un argomento complesso, perché il ruolo di genitore consiste in un percorso dove a volte si trova a camminare in linea retta, altre volte a saltare su qualche ostacolo da affrontare o peggio ancora si continua a girare sempre nella stessa rotonda senza sapere quale sia l’uscita che ci riporta alla via giusta!
Da mamma mi stupivo come mio figlio fin da piccolo avesse i miei stessi comportamenti. Mi sono resa conto con il tempo che ero come uno specchio, dove da una parte lui vedeva in me la coerenza tra azione e parole, e dall’altra dove vedevo il mio modo di essere (giusti o ahimè sbagliati) riflessi in lui. Quindi essendo diventata un modello, in quanto un punto di riferimento, dobbiamo cercare di crescere insieme prestando attenzione alle necessità dei nostri figli e non cercando di imporre le nostre, perché alla fine dei conti il significato etimologico di educare è proprio quello: trarre fuori, condurre o guidare.
Un bellissimo articoli con degli spunti su cui riflettere!
Paola