Riflessioni Personali su ‘Paesaggio Asemico’ di Enzo Patti
Alba Tafuto
<< Ci sono momenti in cui tutto il sistema spirituale si abbozza e cammina attorno a grandi spazi bianchi in cui è mancato un sentimento elementare,per esempio, il sentimento per cui una personalità, come inventariata per così dire, avrebbe manifestato la propria esistenza senza sosta nel tempo.
A tale sentimento ben presto ridotto, ben presto bruciato nel suo focolare vivo,
corrisponde una scossa secca, una specie di apparizione di fuochi,come un corto circuito spirituale, una testa nera crestata di fiamme, di fuochi sordi,di un’ incandescenza tanto più offuscata e verde quanto più ha corrisposto a una maggiore resistenza di materia, di opacità impossibili da attraversare.
Tutto il sistema organico dello spirito è stato sfiorato da queste rotture,
in correnti spezzate nette, in fuochi rovesciati. >> A.Artaud, Oevres completes, cit. da André Green in La psicosi bianca, p. 217
I disegni di Enzo Patti così come presentati, con la foto-grafia di Ettore Magno e le musiche di Franz Liszt, arrivano a toccare sfere molto intime dell’animo umano.
Le figure umane sono rappresentate in un ambiente pieno di segni privi di contenuto semantico e la successione dei disegni sembra quasi costituire un racconto onirico.
Degli uomini camminano su sentieri ‘segnati’, delimitati da più stretti spazi bianchi.
I segni su cui poggiano i loro piedi sono familiari eppure enigmatici, tracciati da
un pennello, grande, troppo grande forse per essere impugnato dall’uomo.
Gli uomini sembrano cercare un modo per entrare in relazione, alternando momenti di vicinanza e lontananza. Difficile non pensare alle ‘distanze di sicurezza’ che ci si impone di rispettare in questo periodo fortemente segnato da una pandemia globale.
Quando piove gli uomini camminano coprendosi con un ombrello.
I sentieri cambiano. Non sono più lineari, presentano delle curve.
La strada non anticipata alla vista si scopre passo dopo passo, curva dopo curva.
Una crepa divide il paesaggio.
Da una parte tre uomini, dall’altra una pietra. Da una parte la vita, dall’altra l’inanimato.
Le ombre di persone ed oggetti sembrano diversamente orientate, come se i raggi del sole li colpissero da angolature diverse.
Uomini, animali e simboli si congiungono.
Compaiano cerchi neri e vuoti e linee diritte.
L’ anelata perfezione, quella propria della figura del cerchio, ma non della vita umana, presenta le sue zone d’ombra.
Appare un triangolo. Un gioco di ombre lo rende tridimensionale e a prima vista pericoloso; sembra una voragine, uno scivolo verso l’ignoto.
Le figure umane si trovano tra l’illusione di perfezione e l’incontro con se stessi, con l’altro e con un terzo.
E’ tempo per la musica della vita così come sembra ricordare un cerchio con delle linee che assomiglia alla buca della cassa armonica di uno strumento musicale.
Il paesaggio cambia; ora è rurale e conferisce un senso di serenità.
I ritmi sono diversi da quelli della città, le figure umane non corrono più da un posto all’altro in maniera distratta. Rallentano.
E poi il mare. L’acqua, elemento fondamentale della vita nella sua forma più bella. L’emozione del perdersi a guardare quell’immensità, dell’ immergersi in profondità, in apnea per poi riemergere e riprendere aria.
Ma, in alcuni momenti, anche le creature che abitano il mare possono emergere in superficie con i loro tratti più acuminosi e spaventosi.
Potranno sembrare tante, troppe, ma, se ben equipaggiati, ci è possibile navigare il mare e scoprirne la vita in tutti i suoi aspetti.
Una nave ci permette di raggiungere nuove mete e tornare al nostro porto sicuro.
In una stanza dalle alte pareti, degli uomini osservano un oggetto fissato in alto. Un uovo?
Penso alla vita ‘sospesa’, percezione comune di questo particolare periodo ma anche la vita che sta per nascere, pronta a partire o, se vogliamo, a ripartire.
Qui, le finestre sono aperte su un paesaggio notturno, scuro.
La porta prima chiusa, poi aperta, lascia intravedere altri segni, altre stanze.
Il sentiero percorso dall’uomo è ora bianco, non scritto: zona incerta.
“Il bianco che il nostro pensiero culturale cerca di riempire è quello della sua depressione cronica potenziale, segno del suo tentativo di ri-emozionarsi (rabbrividire) più che della sua disperazione.”
Siamo, forse, chiamati a rispondere alla precipitazione di senso che caratterizza il disagio dei nostri tempi: un disagio, sicuramente amplificato dalle angosce messe in moto da una grande pandemia, che ha a che fare con la regolazione nella vita sociale dei nostri rapporti con gli altri, con le inquietudini della nostra vita e della nostra morte.
Intanto il mondo, con il suo disegno, fatto ancora di tanti segni, continua a girare.
ALBA TAFUTO – psicologa Centriniziativa Cardclub CAMPANIA
Leggo solo ora che il maestro Enzo Patti è stato ricoverato per questo tremendo virus, che finché non colpisce persone conosciute, amate e rispettate, non ti sembra verosimile.
Ho avuto il piacere di conoscerlo personalmente quest’estate al mare in Sicilia, che” personaggio “, con uno stile di vita, amore della natura e del bello che ti emoziona tanto. Le sue opere mi sono subito piaciute, e pur tal volta non comprendendo il significato mi hanno conquistata.
Di cuore mi auguro di leggere, vedere altre sue opere, ma soprattutto mi auguro ( per entrambe) di rivederci di nuovo tutte insieme in Sicilia, sia con la sua fantastica famiglia Rita ed Anna, che con la mia carissima Germana.
Auguri a te Enzo, auguri a tutti noi e a ben presto rivederci. Forza
Anna Improta