In un suo testo, contenuto in Arte e neuroscienza (luglio 1994), Jean-Pierre Changeux afferma:
“Strumento di comunicazione soggettiva, l’arte (in particolare le arti figurative) possiede, …il potere di riunire, radunare, riconciliare al di là di ogni credenza o ideologia. L’arte sfrutta la predisposizione del cervello a creare delle “relazioni” fra la ragione e il piacere, ad armonizzare, come scriveva Schiller, “le leggi della ragione con gli interessi dei sensi”.
In effetti praticando tecniche, lavorando su colori, forme, dimensioni, possiamo verificare come si incontrino intenzionalità e inconscio, ragione ed emozione, progetto e intuizione.
Ci soffermeremo su tre (tra gli altri possibili) aspetti cerebrali e psicologici particolarmente interessanti in relazione all’arte (produzione / fruizione)
A) I NEURONI SPECCHIO E LA FUNZIONE DI RISPECCHIAMENTO l’approfondimento di questa tematica si rimanda a Laila Craighero, I neuroni specchio, collana Farsi un’idea, Il Mulino, Bologna 2010, da cui estrapoliamo alcune note (indicando le pagine). Un approfondito studio di questa problematica si deve a Giacomo Rizzolatti, neuro-scienziato, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma che per primo in Italia (e nel mondo) ha studiato i neuroni specchio ( negli anni ’90) e ha pubblicato, in merito, con altri specialisti: So quel che fai, Zanichelli e Nella mente degli altri, Cortina.
“I neuroni o cellule nervose, sono la parte attiva del sistema nervoso, di cui il cervello fa parte. Sono costituiti da un corpo centrale, dai dendriti e dall’assone che, rispettivamente, ricevono e inviano informazioni alle altre cellule nervose. Lo scambio di informazioni tra i neuroni avviene grazie a un impulso elettrico, chiamato potenziale d’azione, che si sposta a grande velocità e senza modificarsi lungo l’assone e che quando ne raggiunge la terminazione, permette la liberazione di molecole chiamate neurotrasmettitori. Queste molecole generano nel neurone adiacente piccoli potenziali elettrici. Il termine sinapsi viene utilizzato per indicare il processo di trasmissione del segnale elettrico da un neurone all’altro. I piccoli potenziali elettrici possono sommarsi tra di loro e quando la somma raggiunge una determinata ampiezza un nuovo potenziale d’azione viene generato e, a sua volta, trasmesso al neurone successivo…. Neuroni appartenenti a regioni del cervello diverse generano potenziali d’azione in risposta a stimoli diversi (tattili, acustici, ecc.) o quando vengono mosse parti del corpo diverse (bocca, mani, piedi, ecc.) o quando si pensa a cose diverse.”(pag.28)
“ I neuroni specchio si trovano principalmente in un’area del cervello che da sempre è stata considerata coinvolta nella programmazione del movimento (sono anche presenti nell’area che è la sede principale di elaborazione del linguaggi (pag.76))
Infatti essi si attivano tutte le volte che vogliamo interagire con un oggetto per uno specifico scopo… La cosa sconvolgente è che gli stessi neuroni si attivano anche quando l’individuo è perfettamente fermo e semplicemente osserva qualcun altro eseguire la stessa azione con lo stesso scopo… E’ facilmente intuibile come questo ponte immediato tra sé e gli altri abbia portato a considerare i neuroni specchio la base dell’empatia e della possibilità di “leggere la mente degli altri” (pag. 8 ) e, quindi possiamo dire che la loro denominazione “neuroni specchio” “ …vuol proprio sottolineare l’identità dell’esperienza motoria nell’agente e nell’osservante” (pagg. 14,15).
Analogamente già nel 1979, Giacomo Rizzolati aveva scoperto dei neuroni visivi nel lobo frontale e il coinvolgimento del sistema motorio nell’orientamento dell’attenzione e nella codifica degli spazi. Sono quindi questi neuroni, per i quali possiamo ancora usare il termine specchio, che ci consentono quando guardiamo un quadro, una scultura a entrare, se ne siamo attratti, in empatia con le immagini e le forme che l’artista esprime, riusciamo a immedesimarci nei suoi colori, a ripercorrere il tratto lasciato dal pennello o la forma impressa dallo scalpello, considerando anche che ognuno risponde, sente empaticamente analoghe stimolazioni. Tutto si basa sul fatto di condividere con persone o pittori, scultori la serie di repertori motori che vengono attivati accoppiati al medesimo scopo (del movimento, del tratto): è essenziale che la visione dell’altro evochi in noi la stessa sensazione, lo stesso movimento.
In effetti, contrariamente al motto: “guardare ma non toccare” possiamo riportare una serie di esempi interessanti per capire che, mediante i neuroni specchio guardare è già toccare o immedesimarsi nell’azione o situazione vista:
- “…anche il solo trovarsi di fronte a una vetrina piena di giocattoli…” può consentire al bambino di “soddisfare il desiderio di impugnare” ( pag. 43);
- “tutte le volte che osserviamo una tazzina, per la nostra corteccia.. è come se la stessimo afferrando (pag. 45)
o riprodurre le stesse azioni con la mente (pag.47):
- “Perché tutte le volte che mia figlia mi chiede di guardare com’è brava a fare qualcosa io riesco a capire perfettamente non solo cosa ha intenzione di fare, ma anche in quale modo dovrebbe muoversi per farlo veramente bene?
o sentire empaticamente certe situazioni (pag. 47):
- “Tutti noi ci siamo trovati a dondolare guardando un funambolo o calciare mentre la nostra squadra del cuore esegue un’azione decisiva
- O a sentire quasi dolore quando qualcuno davanti a noi mette il piede in fallo slogandosi una caviglia”.
I neuroni specchio audiovisivi
“…tutte , o quasi, le azioni producono rumore. Inevitabilmente il rumore di ciascuna azione, che per anni abbiamo sentito ogni volta che la eseguivamo, è diventato una caratteristica peculiare di essa. Non è possibile sentire sgranocchiare senza provare il desiderio di mettersi in bocca le patatine” (pag. 56)
Spazio e neuroni specchio
“…sembra proprio che i neuroni specchio siano sensibili non solo al tipo di azione e allo scopo per il quale questa viene eseguita, ma anche allo spazio nel quale viene eseguita. Inoltre, mentre alcuni neuroni specchio codificano lo spazio vicino e lontano sulla base delle caratteristiche metriche…, altri lo codificano sulla base di caratteristiche operazionali (possibilità di agire in quello spazio). Anche in questo caso è l’esperienza passata a fornire la chiave per interpretare questi neuroni.” (pag. 60)
Vedere/non vedere
“Dal confronto” tra persone vedenti e persone non vedenti “è emerso che quando i non vedenti ascoltano il suono di azioni familiari si attivano le stesse aree che si attivano nelle persone vedenti sia durante l’ascolto sia durante l’osservazione delle azioni, dimostrando che il sistema specchio può svilupparsi in assenza di vista ed è in grado di elaborare informazioni legate all’azione percepita che nulla hanno a che fare con la vista. Questo risultato conferma ulteriormente la possibilità che le aree specchio siano deputate alla decodifica dell’obiettivo dell’azione.” (pag. 82) “Ma possiamo immaginare che anche altri indizi possano portare alla percezione dell’azione, quali particolari odori legati ad essa. Se ad esempio, siamo in cucina e stiamo preparando la tavola e improvvisamente sentiamo un forte odore di cipolla, immediatamente sappiamo che qualcuno in cucina sta affettando la cipolla per preparare il sugo.” (pag. 83)
Immagine e neuroni specchio
Ritorniamo a questo punto sul tema che più ci interessa: i neuroni specchio e il collegamento con ciò che vediamo. Abbiamo detto che la mente conserva la memoria delle nostre azioni e i neuroni specchio ci consentono di entrare in empatia con quanto vediamo: ad esempio un movimento diretto a uno scopo simile a quello che anche noi abbiamo vissuto. L’autrice a pag. 87 ci racconta la visione di un film che bene ci illumina sull’azione dei neuroni specchio.
“…Se il nostro sistema motorio non fosse fatto così, difficilmente potremmo sentirci coinvolti durante la visione di un film come AVATAR, potendoci immedesimare completamente in quell’essere blu, alto tre metri mentre cavalca il mastodontico Toruk, o salta giù da un albero alto cento metri, o si arrampica sulle montagne fluttuanti (per noi tutte azioni impossibili). E, d’altra parte, però, sempre guardando questo film, ci rimane come un senso di inadeguatezza quando vediamo il volto estatico di Neyrtiri nel momento in cui si connette a Eiwa (la grande madre del pianeta Pandora) grazie alla punta della sua lunga treccia e ai rami dell’albero delle anime. Mentre riusciamo a “sentire” le azioni (saltare giù, arrampicarsi) perché corrispondono a situazioni che conosciamo, “non riusciamo a “sentire” la connessione con Eiwa perché non abbiamo la treccia e non abbiamo nessuna parte del nostro corpo che ci permette di fare la stessa cosa.” ( pag. 87).
Sempre in tema di film possiamo sentire la paura e lo stordimento che ci derivano dalla camminata sul filo tra le due torri gemelle del world trade center di Philippe Petit, ricostruita nel film “The Walk”, proprio perché anche noi abbiamo sentito, abbiamo in memoria… e possiamo entrare in contatto mediante i neuroni specchio con analoghe, anche se ovviamente più limitate, situazioni di disequilibrio, profondità e altezza ( si rimanda per quanto riguarda il rapporto tra neuroni specchio e cinema a Vittorio Gallese, Lo schermo empatico, Raffaello Cortina, Milano 2014).
In sintesi e in rapporto all’arte
Potremmo dire (ritornando su quanto abbiamo già detto più sopra) che:
- con i neuroni specchio, in qualche modo, è saltata la rigida e artificiale separazione tra area percettiva, cognitiva e motoria;
- i “circuiti specchio” ineriscono a molte esperienze di tipo sociale che vanno dall’imitazione alla comunicazione gestuale e verbale, senza contare le emozioni mediate da quell’area neurologica detta “insula”, la quale si attiva davanti alla sofferenza dell’ altro, facendola sentire come propria. Potremmo dire quindi che l’empatia ha una precisa base biologica e regola il rapporto tra le persone;
- come si è detto la possibilità che le esperienze pregresse si riattivino, per mezzo dei n. specchio ( moto, spazio), quando vediamo le stesse azioni compiute da altri, comporta che di fronte a un quadro, a una scultura (ma anche riferendoci al teatro, al cinema e così via) possiamo entrare in sintonia con tratti, segni, colori, forme create dal pittore o dallo scultore perché anche noi abbiamo maturato esperienze analoghe di movimenti in vista di un prodotto “artistico” (pensiamo alle nostre esperienze relative al disegnare e colorare o modellare);
- specchio e insula ci consentono anche di stabilire empatia con quanto vediamo provando così, sovente, l’emozione che l’artista vuole trasmetterci perché in qualche modo l’abbiamo provata o vissuta;
- come in Avatar (vedi più sopra) le esperienze che in qualche modo non ci corrispondono non trovano risonanza in noi e possono essere conosciute soltanto con un supplemento di sforzo cognitivo che ci consenta di approfondire il non provato mediante anche la raccolta di un maggior numero di informazioni. Può essere questa difficoltà alla base della non comprensione/empatia dell’opera d’arte in cui non ci riconosciamo e che richiede, allora di un supplemento di approfondimento teorico. Pensiamo all’arte contemporanea i cui prodotti a volte non “ci riguardano” e che in alcuni casi riusciamo però a capire o sentire meglio quando approfondiamo la storia dell’artista, lo inquadriamo nel movimento cui appartiene, quando il quadro/scultura ci viene spiegato.
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Analisi dei principali studi studi sulla Psicologia dell’artista e della creazione artistica (2)