EROI ogni GIORNO
di Rory Previti
Tutti ci sentiamo degli eroi quando riusciamo a superare delle difficoltà. Eppure, c’è chi supera grosse difficoltà ogni giorno, perchè gli riesce difficile fare quello che per altri è naturale e scontato.
Muoversi, parlare, camminare, vedere il colore del cielo e ascoltare il soffio del vento.
Eppure, tutte queste persone, questi Eroi ogni giorno, convivono con le difficoltà, le superano senza lasciarsi soverchiare e distruggere.
Sono i disabili gli Eroi ogni giorno.
Noi vogliamo ascoltarli, discutere con loro, ringraziarli per il fatto che ci sono, che soffrono ma lottano, farli sentire meno soli, ascoltare le loro storie di eroica quotidianità.
E fare in modo che anche altri sappiano.
Che non facciano come le famose tre scimmiotte: Una si tappava la bocca.
L’altra gli occhi.
L’ultima le orecchie.
Oggi c’è il nostro sito, la nostra e la vostra voce, per raggiungere il mondo, per abbattere il muro dell’indifferenza
Vita e Relazioni
di Monica Specchia
Scrivere sui Disabili e da disabile, significa dare voce, volto e testimonianza ad un bisogno di integrazione e relazione con il mondo esterno.
Questo a nostro parere diventa sempre più importante e deve essere la priorità assoluta in ogni ambito in cui questa si manifesta.
E’ necessario che i disabili e chi si rapporta con loro si raccontino con sincerità, rivendicando diritti negati ma anche esprimendo le proprie paure, i propri umori, colori , allegrie senza reticenze o facili vittimismi.
Questi spesso vengono letti e risolti all’esterno regalando retorica, buone intenzioni che non diventano mai soluzioni reali ai bisogni.
E’ tempo di proposte non di alibi istituzionali, culturali, personali perché tutte le barriere vengano realmente abbattute.
Si devono riempire gli spazi vuoti, reclamare diritti di lavoro ed incontro perché la condizione di vita di un disabile non diventi una sorta di gabbia dorata che si rompe in mille pezzi non appena decadono le reti di protezione che gli offrono conforto pratico , economico ed affettivo.
Abbiamo bisogno della vostra partecipazione attiva perchè i disabili che troppo spesso si dipingono come gabbiani dalle ali ferite diventino gabbiani in volo capistorno aperti ai venti della vita
Autonomia e autodeterminazione
di Carlo Filippo Follis
Sono un disabileaffetto dalla nascita da Tetraparesi Spastica che ,all’età di 23 anni ho deciso, pur con una invalidità del 100% , e forse proprio per questo, che sarebbe dovuta esistere Norisberghen per fuggire da un destino che non mi apparteneva: quello del recluso nella propria abitazione.
Nacque così Norisberghen, frutto di una lucida “follia” a rispetto anche degli insegnamenti ricevuti, infatti sono stato ospite dell’Istituto Don Carlo Gnocchi di Milano, dall’età di sei anni a quella di tredici.
Mi fu insegnato che un disabile, nell’ambito delle cose “possibili”, può riuscire in tutto, mi è stato insegnato a non crearmi dei problemi, tanto più, in base a quelli già ricevuti da madre natura. La mia “impresa” Norisberghen nacque per la necessità di non farmi ammuffire di fronte ad un televisore; fu ispirata dalla mia passione per il modellismo, così divenne ciò che è oggi: un negozio e punto promozionale che cercano di soddisfare le esigenze dei modellisti e proporre, di tanto in tanto, delle proprie novità e innovazioni.
Con le mie difficoltà difficilmente mi sarei inserito in una struttura privata o pubblica garantendo a chi mi impiegava una degna produttività. Avrei dovuto ricevere da questa struttura particolari strumentazioni per poter lavorare. Questo è possibile se sei tu a crearti l’azienda, se sei tu che rischi in prima persona ed investi sulle tue necessità.
Poi c’è anche da dire che quattordici anni fa molte cose erano differenti da oggi. Non si è fatto molto, ma comunque qualcosa si è fatto in questi anni (ad esempio leggi come la 68, la 162..)
Un giorno una persona praticamente mi disse che sarei stato destinato a studiare tutta la vita. Non lo disse con cattiveria, ma non era preparata ad immaginare il sottoscritto come timoniere di un’impresa commerciale.
Norisberghen fu la fuga, fu l’unico modo per scappare da quegli arresti domiciliari che “senza aver commesso il fatto” ti avrebbero gettato addosso.
A ventitre anni sei inconsapevole di tutte le difficoltà che dovrai vivere, ma se non “fuggi” e ti crei un tuo mondo, impazzisci.
Avevo già conosciuto persone disabili, di grande valore, ma che non erano riuscite a scappare da un destino che non volevo fosse mio; dall’idea di passare dall’assistenzialismo casalingo a quello di un istituto. Quello che ho realizzato fino ad oggi sotto il marchio Norisberghen e come vita esterna all’attività credo possa farmi valere due soldi in più di un condannato alla vita appena descritta.
Norisberghen è un marchio che si è consolidato e affermato negli anni, è un’avventura, è il successo di un’idea ed è anche quell’impresa che non ha mai guadagnato una lira perché nessuno mai l’ha riconosciuta come “diversa”.
Il mondo ci definisce tali, ma come tali non ci vuole riconoscere. Si urla alla par condicio che è di molto differente dalla realtà di una pari condizione in base alle differenti realtà.Una vera condizione paritaria non si ottiene dando a tutti le stesse regole ma dando a tutti l’opportunità di, in questo caso, lavorare nelle stesse condizioni, con le stesse facilitazioni, al di sopra di quei limiti generati da una patologia che ti rende disabile e quindi handicappato nell’esecuzione di specifici atti, azioni o mansioni.
Se non ci fosse stata Norisberghen forse oggi non leggereste tante disavventure, non ci sarebbe un pazzo a raccontarvele, e forse non ci sarebbe il pretesto per scuotere una volta tanto in maniera “incazzata” gli animi dei dormienti o dei, peggio ancora, menefreghisti.(c.f.f)
Disabilità e telelavoro
di Massimo Colla
I due termini del titolo devono essere qualificati ed in qualche modo ristretti prima di poter procedere: quanto segue, infatti si riferisce solo ad un tipo di disabilità, quella fisica e funzionale e non a quella mentale o cognitiva ed il lavoro considerato è solo quello funzionalmente definito come mezzo per produrre reddito e non quello terapeutico, che faccia riferimento all’ergonomia o alla terapia comunque intesa.
Chiarito questo punto, premessa fondamentale allo svolgersi del ragionamento, indichiamo due altre limitazioni strutturali, altrettanto essenziali e di premessa : il lavoro è solo inteso come lavoro in un gruppo, cioè lavoro all’interno di un gruppo che ha un compito definito e che raggiunge l’obiettivo attraverso una collaborazione di più soggetti, ed infine strutturato – cioè nella chiarezza di compiti ed obiettivi. La caratteristica che deriva da queste premesse è che si distingue dal non telelavoro per la sua modalità (la presenza fisica sul posto di lavoro) e quindi dal grado, notevole, di autonomia delle sue modalità operative: permette perciò di rispettare a pieno le esigenze e le inclinazioni del telelavoratore per quanto attiene ad esempio ai ritmi ed agli orari ( almeno in parte).
Queste differenti modalità hanno conseguenze importanti: possono esplicarsi solamente nell’ambito di un lavoro intellettuale prima di tutto e poi con l’ausilio, fondamentale, di tecnologie appropriate.
Questo ultimo punto è fondamentale: le tecnologia ed i loro strumenti devono essere facilmente disponibili ed anche familiari per il telelavoratore (perciò poco costose e “ always on “) . Perciò non necessariamente legate all’ambito lavorativo, Fruibili in tutti i momenti e per tutti gli scopi. Familiari e non esoteriche. Giungiamo così al punto centrale: come per tutti i lavoratori anche per il telelavoratore l’ambito lavorativo è la funzione più importante della socializzazione (nel senso che è nell’ambito lavorativo che si svolgono i più numerosi rapporti sociali) e di conseguenza in essa si svolgono le funzioni principali del vivere sociale: dall’approccio amicale a quello affettivo, a quello politico a quello sportivo o comunque comunicativo – solo una assoluta padronanza del “mezzo tecnico” lo permette. È questa modalità estrema che ci porta la momento finale del ragionamento: il telelavoratore ha, necessariamente, una preparazione e quasi una inclinazione spiccata verso la tecnologia delle comunicazioni. Per lo meno una maggiore familiarità con esse.
Può avere conseguenze importanti: da un ambito di carriera ad un approccio multidisciplinare alla mansione lavorativa, con riflessi molto vasti sul modo di gestire la propria funzione aziendale.
Concludendo, il telelavoratore si caratterizza con una multidiscipinarietà della sua professionalità, rendendolo per natura più adattabile a diverse funzioni ed ambiti nel lavoro; più aperto alla novità e quindi all’innovazione scientifica e tecnologica; meno “ingessato” nella funzione o nel modo di eseguire il compito. E non legato dalle sue caratteristiche personali fisiche – cioè all’handicap.
Il “mezzo tecnico” sopravanza totalmente i limiti ed i vincoli : ad esempio, cosa sapete voi che mi leggete dei miei limiti di handicap , che mi impedirebbero una comunicazione “ normale”? E che questo “mezzo tecnico” mi permette. Nell’ordine io sono: paraplegico, con notevoli difficoltà di parola, e con un braccio al 50% di funzionalità. Ma ho dettato questo articolo al Dragon Naturally Speaking, che ha imparato la mia dizione, mi accingo ad inviarlo via e-mail ai destinatari (risparmiandomi tutta le gestione cartacea, per me impossibile) sto contemporaneamente facendo una ricerca sulle funzionalità richieste ad un ambiente protetto (via internet, naturalmente; i programma mi seleziona gli articoli, li categorizza e li infila in cartelle, ho dato il limite del 2003 e ne sta trovando circa 200 su 8 pubblicazioni) ; mentre ascolto musica ( modern jazz quartet, su Jazz now , delle stazioni di Media Player). Alle tre del mattino, perché la mia patologia mi rende molto intollerante alla luce del sole.
Questo è quel che intendo, quando dico che il “mezzo tecnico” sopravanza l’handicap. Ma ci vuole accesso al mezzo e formazione alluso di esso. Cioè investimenti e scelta politica. Ma questa e un’altra storia. Massimo Colla
Per saperne di più leggi anche: CentrIniziativa Disabili