Nei nostri paesi occidentali, gli apprendimenti scolastici si posizionano intorno all’età di 6/8 anni quando il bambino è uscito dalla piccola infanzia. Questo periodo di sviluppo è importantissimo: è il suo giusto sviluppo che permetterà la costruzione degli apprendimenti scolastici.
In effetti tra i 5 e i 7 anni il bambino esce dalla sua fase edipica per entrare nella fase di latenza. La messa a tacere della sessualità lo rende disponibile per nuovi interessi e per attività intellettuali in cui può investire. Nel caso contrario, i rischi dell’elaborazione edipica non gli permettono di separarsi, di confrontarsi con il mondo esterno, di prendere o ricevere, di paragonare, di assimilare, di negoziare. Per apprendere bisogna poter “prendere”.
Queste capacità di apprendimento dipendono in gran parte dalla qualità degli scambi corporei che un bambino ha avuto con il suo ambiente (il più sovente con la sua famiglia e sua madre) nei primi anni di vita.
Interazioni precoci gravemente perturbate, caotiche, imprevedibili, incoerenti hanno come conseguenza per il bambino un’impossibilità di rappresentarsi, di elaborare, di accedere alla simbolizzazione perché non può proiettarsi nel tempo. Ha bisogno di sicurezze.
Per apprendere a leggere e a scrivere, bisogna avere avuto la possibilità, la libertà di pensare durante la piccola infanzia, la capacità di cercare e di individuare un senso. “Il bambino è una persona” che si costruisce e funziona come tale: è una difficile avventura.
Nel suo settimo anno si apre alla rappresentazione di individui che non sono egli stesso. Diventa in grado di riconoscere un’unità che può combinare con altre in vari insiemi: – una lettera dell’alfabeto o ancora può concepire che si possa aggiungere o togliere un’unità da un’insieme che ne risulta così modificato (cf. WALLON). Riesce a concepirsi come un’unità nel mezzo degli altri bambini o che può aggiungersi a dei gruppi di attività diversi (nozione di inclusione).
Si vede l’importanza del comportamento proprio dei genitori che, dando fiducia ad altre persone di loro stessi per occuparsene, devono accettare che il bambino da loro “scappi”.
Eventualmente confrontarsi con un bambino più competente di loro stessi (caso di genitori analfabeti). La palla è dunque nel campo dei genitori che accettano che il bambino entri in un mondo nel quale si ha voglia di essere grandi ma nello stesso tempo lo vogliono a casa.
D’altronde l’allungamento della scolarità non fa che aumentare.
E’ una grande emozione vedere il piccolo bambino rifare il medesimo percorso, rintracciare migliaia di anni della storia degli Uomini.
Deve dapprima acquisire la stazione eretta e il camminare in modo da essere in grado di accedere alle prime rappresentazioni di se-stesso. Utilizza tratti verticali, scansioni dall’alto in basso che sono la rappresentazione del proprio corpo, del suo asso di simmetria in uno spazio verticale. E’ da notare il fatto che questa tappa sia contemporanea allo “stadio dello specchio“. In un secondo tempo questo bambino potrà disegnare o “scrivere” su un piano orizzontale (sarebbe ideale proporgli un cavalletto che si possa inclinare).
Il bambino rappresenta quello che sente non quello che vede, stessa cosa per il cerchio e l’omino. Passa dal corpo vissuto, percepito al corpo rappresentato.
La scrittura è dapprima un gesto ma non è che un tratto particolare. Nel mondo intero gli Uomini hanno visto nella scrittura un regalo degli Dei. L’hanno usata per trascrivere la propria storia sulla pietra, l’argilla o il papiro. Secondo gli antichi egizi il dio Thot avrebbe creato la scrittura per poi farne dono agli Uomini. Ricordiamo che la parola “geroglifico” significa infatti “scrittura degli Dei”. Gli scribi dovevano trasmettere questo sapere che era un privilegio ed un potere. Il pedagogo ha la stessa missione e deve appoggiarsi su degli “esercizi” preparatori che permettono il movimento del corpo che egli mobilita: movimenti delle dita, del braccio, scioltezza della spalla, tenuta della schiena, appoggio sulle gambe. Per permettere il volo della riga bisogna liberare il gesto. Nel bambino in difficoltà si notano irrigidimento e contrazione, fissità della nuca. Si scrive con tutto il corpo.
La messa in rilievo dei disturbi funzionali o dei disturbi cognitivi se è necessaria non basta.
Il bambino deve essere sempre considerato come soggetto e i “sintomi” re-impostati in un approccio globale – nella dinamica del soggetto e del suo entourage.
I genitori valutano con dolore il divario tra l’Essere e l’Essere immaginario.
Se l’integrazione a scuola è una priorità per i bambini in difficoltà, non sostituisce la cura. E’ indispensabile che tutti gli intervenuti interessati (a scuola o all’esterno) cooperino cercando di capire ciò che significano i lamenti del bambino e della famiglia – sempre preservando le garanzie di confidenzialità che il bambino è in diritto di aspettarsi dal suo terapeuta.
Per cominciare il corso preparatorio, un certo numero di elementi devono essere impostati:
– una certa autonomia
– la separazione, il distacco dalla madre o del suo sostituto
– la socializzazione – potere, aspettare, soprassedere
– la capacità di attenzione, memorizzazione
– accesso alla metafora che separa il linguaggio (un ritardo del linguaggio è quasi sempre legato ad un ritardo nella parola o nel linguaggio oppure a dei disturbi di articolazione – balbettamento, sigmatismo, ecc…)
– motricità fine – le coordinazioni che riflettono le relazioni.
– La lateralità che riguarda nello stesso tempo “la maturazione funzionale degli emisferi cerebrali, lo sviluppo motorio, l’evoluzione simbolica e la maniera in cui il bambino va a strutturare lo spazio e il tempo”. (WINTREBERT).
La lettura, la scrittura come la parola sono dei ritmi (svolgimento di un tempo in uno spazio). La polarizzazione abitudinaria della lettura/scrittura (da sinistra a destra) riflette il nostro codice sociale; la lingua scritta non è “naturale”, è un codice. Bisogna notare che se i numeri si leggono da sinistra a destra, le operazioni (somma, sottrazione, moltiplicazione) si effettuano da destra a sinistra.
La strutturazione e l’orientamento spazio-temporale sono legati all’orientamento nella genealogia e nella stirpe (nozione d’inclusione per esempio).
Per orientarsi il bambino ha dovuto lateralizzarsi, cioè che si determinasse (la lateralità neurologica non è sempre sovrapponibile alla lateralità di utilizzo), ha dovuto orientarsi in rapporto all’asse del corpo.
La lateralità riguarda i caratteri e gli stati di asimmetria funzionali (occhio- mano- piede), e i processi su i quali riposano l’orientamento e l’organizzazione della prevalenza. Talvolta gli apprendimenti “bloccati” – non integrati. Bisogna che ci siano altri riferimenti oltre che visivi (sensoriali, tattili).
Leggere è scrivere. La scrittura è un gesto. Non c’è gesto senza piacere o dispiacere cioè senza esperienza libidica. Il segno scritto ha materialità solo se tracciato dalla mano, è una creazione dello spirito umano, la forma più evoluta del linguaggio. Scrivere è un’attività culturale che permette di fissare chiaramente i pensieri, di esprimere realtà concrete o concetti. La storia della scrittura è lunga. “Mentre gli Uomini nascono e muoiono da un milione di anni non scrivono che da sei mila anni” (ETIEMBLE). L’Uomo ha dovuto acquisire la stazione eretta, liberarsi le mani e il pensiero per cominciare a trasmettere dei messaggi con l’aiuto dei disegni, stampe o immagini e tenere tracce della lingua parlata.