di Vanna Menegatti
Solidarietà dal dizionario:
Vincolo di assistenza reciproca nel bisogno/condivisione di sentimenti, dolore.”
Nonostante molto sia migliorato ancora tanto resta da fare per dirsi “ben applicata” quella solidarietà che è – come vuol essere il movimento carclub) cultura per migliorare la condizione delle persone con handicap e disabilità.
Sono disabile dalla nascita e cammino su due protesi ortopediche.
Da quando sono nata, molte cose nel sociale sono cambiate in meglio.
Negli anni del ‘60 ti nascondevano per la vergogna e il timore di dare fastidio, nelle scuole (per normodotati) se ti accettavano era solo dopo dure lotte e firmando dichiarazioni che mai avresti potuto esercitare la professione per la quale stavi studiando (era l’epoca del certificato di sana e robusta costituzione), ancor peggio la solidarietà era applicata verso chi uccideva i disabili (genitori che uccidevano, medici che accondiscendevano).
Vengo a quello che è la mia esperienza di persona disabile che con notevoli sofferenze fisiche ha deciso, per essere il più autonoma possibile, di continuare a camminare su due protesi accettando come dato di fatto delle piaghe continue che mi accompagnano durante una giornata di lavoro e poi in famiglia. Succede, più spesso con l’andare avanti negli anni, che le piaghe sono intollerabili e mi costringono a fermarmi. In famiglia ognuno si presta a fare quanto io non posso senza far pesare le lacune dell’altro. Ognuno dà e fa quanto può ed ognuno nella mia famiglia ha imparato a vedere, riconoscere e accettare i miei limiti. Tutti siamo importanti per l’altro.
Questo dovrebbe avvenire nel mondo fuori ma così non è.
Molto si è fatto, molto solo sulla carta, molto solo a parole.
Mi pare che il disabile sia più accettato dalle leggi che non da chi gli sta vicino e a volte lavora per lui, prova ne sono gli atti d’inciviltà che tutti i giorni deve subire.
Credo che solo un’educazione aperta, che cominci dalla più tenera età di tutti i cittadini possa, fra qualche generazione, portare all’applicazione di quello che oggi si legge sui nostri dizionari sotto la voce “solidarietà”.
I discorsi belli e le belle leggi devono essere applicate da persone preparate ed è qui che inizia il dramma; nell’esperienza di vita fino ad ora vissuta devo dire che ho conosciuto maestri buoni e maestri cattivi, medici buoni e medici cattivi.
Al disabile spetta il compito di continuare a lottare per trasmettere quello che sono le sue esperienze e far sì che sempre più possano essere capiti i propri bisogni e vinta l’ignoranza che ci circonda.
Sicuramente ciò che ci spinge verso l’altro dev’essere il valore dell’AMORE che giunge primario e non secondario rispetto al calcolo di “quanto l’altro può rendere”.
Una società veramente alla portata di disabile porterebbe un minor dispendio d’energie per tutti!
PROPOSTE per il movimento cardclub oltre i limiti dell’Handicap
Riflettendo sulle mie esperienze di “solidarietà non ricevuta”, ho sintetizzato alcuni/punti proposta fondamentali per migliorare la solidarietà e quindi le condizioni di vita verso i disabili:
1- ABBATTARE L’IGNORANZA CHE REGNA SOVRANA; SOLIDARIETA’ E’ CULTURA
Troppo spesso sofferenze inutili ed evitabili sono dovute all’ignoranza collettiva che ancor oggi ci circonda.
E’ un problema di “educazione civica”; bisogna non stancarsi di spiegare ed insegnare “ cos’è la disabilità”.
E’ necessario sensibilizzare attraverso la conoscenza dei disabili e le loro problematiche parlandone come si parla di una qualsiasi materia, nella scuola e insieme con loro.
2- ESSERE COSCIENTI CHE LA DISABILITÀ APPARTIENE E PUÒ APPARTENERE A TUTTI (pensiamo a situazioni di disabilità momentanea, alla disabilità nell’anziano).
Il dolore, la sofferenza fa parte della vita. Tale argomento è poco trattato per il timore che faccia soffrire o meglio per la paura che la disabilità possa appartenerci.
E’ importante non ingigantire il dolore ma essere coscienti che c’è, che può appartenere a chiunque, così la disabilità. Troppo spesso si capisce la disabilità solo quando si tocca con mano.
La solidarietà può alleviare inutili sofferenze.
3- ACCETTARE LA DISABILITA’; E’ IMPORTANTE CHE CI RICONOSCANO “DIVERSI”
La vera ingiustizia che colpisce il disabile non è il termine con cui si viene definiti: invalidi, handicappati, disabili, diversamente abili ma il dover sprecare le energie residue per ottenere quanto dovrebbe essere scontato.
Se non hai testa, conoscenze o qualcuno che ti rappresenti, non ottieni e a volte nemmeno chiedi per il timore falso che chiedere quanto ti spetta e sovente viene dato come favore, ti farebbe vedere “diverso”, quale, in effetti, si è!
Il primo gesto di solidarietà si ha da compiere con noi stessi, è fondamentale accettarsi per essere accettati; accettarsi con i propri limiti e riconoscere che il disabile, come ogni essere, ha una sua sessualità.
La SESSUALITÀ è per ogni individuo importante perché permette la relazione con gli altri. Oggi si è molto attenti all’esteriorità e il disabile più degli altri è scartato già a livello di amicizia, ancor peggio nella sua sessualità.
Sotto quest’aspetto mi ritengo una persona felice; ho un compagno che amo e due figli dei quali sono orgogliosa, per ottenere questo ho dovuto innanzi tutto accettarmi e non accontentarmi nella scelta di un compagno di vita. Troppo spesso il disabile si sente mancante di qualche cosa e perciò si accontenta di chi non lo merita. Quando ho pubblicato il mio ultimo libro che tratta attraverso la mia esperienza le difficoltà che il disabile può avere nei confronti con l’altro sesso, molti si sono stupiti ed hanno commentato: “Questo libro parla solo di sesso!”
L’aspetto sessualità nel disabile ancor oggi o non è considerato o è tenuto nascosto perché scomodo.
E’ interessante osservare che È PIÙ VICINO AL DISABILE CHI E’ PIÙ LONTANO DA LUI FISICAMENTE.
4- INSERIRE IL DISABILE PER LE SUE CAPACITA’ PRIMARIE
Anche questa una bella frase, lontana dalla sua applicazione nel campo lavorativo.
Il LAVORO è sicuramente elemento fondamentale, attraverso il quale il disabile si sente integrato nella società; si sente utile al mondo.
Riguardo all’inserimento disabili sul lavoro i discorsi sono bellissimi, su questi sono fatte leggi che purtroppo non corrispondono ai fatti.
Di fatto, le ditte cercano di assumere il minimo possibile di invalidi e difficilmente un disabile riesce ad arrivare a posti di prestigio.
Una volta assunti, ti dicono che sei uguale agli altri; di fatto, devi correre il doppio di chi non ha problemi senza che mai ti venga riconosciuto nulla proprio per quei limiti…non viene riconosciuta la tua capacità residua e sovente è l’ignoranza di chi ci circonda e ci sta più vicino a farci soffrire.
Per un disabile, una volta trovato un lavoro è a maggior ragione difficile lasciarlo per trovarne un altro; nessuno (o pochissimi) contano su di lui, nessuno investe per la sua crescita professionale, non gli resta che sopravvivere, giorno per giorno, attendendo una pensione dove ci si augura di arrivare vivi.
5- NECESSARIE MAGGIORI SPECIALIZZAZIONI E CONOSCENZE PER CHI DEVE APPLICARE LE LEGGI
Così che non si continuino a richiedere sforzi disumani per ottenere quanto spetta in base ad un discorso di solidarietà.
Pochi riconoscono i sacrifici che il disabile fa per essere il più possibile “normale”
Il principio della solidarietà ha permesso grandi miglioramenti grazie a leggi che ci tutelano ma ciò nonostante sempre si deve lottare duramente per ottenere tutto quanto spetta a diritto; c’è da domandarsi chi sono e quale preparazione hanno queste persone che devono applicare le leggi che ci tutelano?
Mi sono sentita dire, più volte, da medici diversi, che io potevo fare tutto quello che poteva fare una persona normodotata della mia età; questo naturalmente per negarmi quanto mi spettava ed ho dovuto ottenere con lotta.
Non credo che la solidarietà sia dovuta solo al disabile morto e che piange!
E’ ingiusto che il disabile, per avere quanto gli spetta, debba piangersi addosso mostrarsi al peggio; deve rinunciare o sempre lottare con la scusa che a molti è stato dato senza averne il diritto.
Il “falso invalido” diventa una scusa per non dare. I falsi invalidi dovrebbero venire puniti come “grandi truffatori”. Se fosse acquisita da tutti la cultura della solidarietà verso il disabile, non esisterebbero falsi invalidi.
BARRIERE ARCHITETTONICHE
Come vengono applicate le leggi che ne favoriscono l’abbattimento? Lontana è ancora una volta la cultura di chi lavora per eliminarle e di chi ci circonda.
Si cerca di rendere maggiormente autonomo il disabile ma lo s’immagina sempre accompagnato!
Gli esempi d’inciviltà sarebbero infiniti, mi limito ai più vistosi:
Bagni : costruiti in base a rigide normative riguardo a misure e spazi ma dove il disabile non può accedere perché preceduti da una rampa di scale senza ascensore, bagni chiusi a chiave, adibiti a spogliatoi privati, completamente senza chiave o assurdo con chiave solo esterna quasi che il disabile possa far pipì solo se accompagnato!
Parcheggi: continuamente occupati da abusivi dove quando protesti i più educati rispondono: “solo un attimo” ed i vigili se non sollecitati tollerano quell’attimo.
Quando arriverà l’attimo per il disabile? Per tutti il tempo è denaro, il disabile che per sua natura nel fare le cose impiega il doppio, è considerato quello che ha sempre tanto tempo da perdere!
6 – NON STANCARSI DI LOTTARE
Non stancarsi di ripetersi e trasmettere al mondo più lontano e sordo la cultura della solidarietà per il disabile .