di Salvatore Candila
Se l’evento sismico del Centro Italia del 24 agosto 2016 ha suscitato i nobilissimi sentimenti di solidarietà che ci contraddistinguono, è pur vero che la nostra corta, anzi cortissima, memoria, rischia di far ricadere tra pochi mesi nel dimenticatoio l’intera tragica situazione dei concittadini colpiti dal terremoto, nei loro affetti più cari e nei beni più preziosi: le loro abitazioni.
Come si può una volta per tutte invertire questa triste tendenza?
Come possiamo fare in modo da avere, per il futuro, non solo un vivo ricordo sui danni subiti ma anche una reale volontà di risalita dal baratro in cui siamo precipitati? Come affrancarci dai perenni rischi che incombono sulle nostre teste?
La catastrofe che stiamo vivendo è di certo l’effetto della dinamica terrestre che, associata alla incuria ed incoscienza di politici, amministratori e singoli cittadini, ciascuno con il suo fardello di responsabilità, porta ad effetti letali per le tante persone coinvolte.
Illustri esperti, in queste ore, citano come la panacea per prevenire i danni agli edifici ed alle persone il “fascicolo di fabbricato”: è senz’altro un modo per affrontare il problema ma certamente non può essere l’unico!
Una digressione personale: ”nel 1980, anno e luoghi del terremoto dell’Irpinia, non ancora geologo, mi trovavo a lavorare nello Stato – Pubblico Impiego si direbbe oggi – alla gestione della Rete Telefonica Nazionale; ebbene non uno di noi (eravamo un nutrito gruppo di giovani tecnici) si assentò dal lavoro in quei giorni di grandi tensioni. Ognuno di noi si sentiva non solo in dovere di garantire la funzionalità degli apparati ma li sentivamo… nostri, essendo pubblici e per il pubblico.
A partire da allora quella coscienza si è persa totalmente e chiunque ne ha avuto la possibilità ha lucrato in modo talmente integrale che ha finito per impoverire il Paese, non solo dal punto di vista economico ma anche e soprattutto dal punto di vista morale.
Un ampio e articolato Piano dovrebbe essere formulato se non a 360°, per lo meno a 330°, dal momento che non tutto è possibile prevedere…
Occorre quindi ripartire, ma da dove se non dalla Scuola?
Quindi iniziare ad instillare il senso di appartenenza alla Comunità alle nuove e nuovissime generazioni, formando le classi dirigenti del domani secondo i principi, che sono universali, del rispetto della Natura, non per evitare ogni suo utilizzo, ma per farlo con la giusta e doverosa cognizione di causa.
Far capire ai nostri figli e nipoti che non è pagante prendere agli altri piuttosto che condividerlo perché è in questo modo che si ottengono i risultati migliori.
Una pianificazione a tutto tondo delle iniziative da intraprendere dovrebbe abbracciare lo spazio ed il tempo di più generazioni, mettendo ovviamente in conto che nel frattempo altre sciagure analoghe possono abbattersi sul nostro territorio.
La programmazione dell’Italia che verrà dovrebbe innanzi tutto prescindere da interessi personali e meno che mai elettorali e coinvolgere tutte le professionalità presenti.
Spiegare a scolari e allievi delle scuole di ogni ordine e grado la fragilità del nostro Paese e le modalità per recuperare sicurezza e tranquillità è compito certamente dei docenti di scienze, come gli studi preliminari di urbanizzazioni e ripristini devono in primis coinvolgere il geologo.
Prevenzione e Protezione: i principi del Decreto 81/2008, Testo Unico sulla Sicurezza del Lavoro, applicati su vasta scala, uniti alla tutela dell’ambiente (Decreto 52/2008) ed alle NTC 2008, sono sufficienti già oggi a iniziare a mitigare il rischio sismico, idrogeologico, vulcanico, da erosione, ecc. presente oggi in Italia.
Le risorse, punto dolente di ogni pianificazione, dove si possono reperire?
Partendo dal dato ISTAT del PIL (Prodotto Interno Lordo) del 2013, dato disponibile, pari a € 2.363.900.000.000.000 e ad € 39.398.333,33 PIL/anno/pro-capite, se si calcola l’1% di questa cifra, si liberano € 23.639.000.000.000 annui, € 393.983,33 pro capite (popolazione italiana circa 60.000.000).
Cifre enormi, come si vede, ma uno sforzo comune potrebbe effettivamente liberare le risorse necessarie a “rivoltare” l’Italia.
Moltiplicando per 50 gli € annui eventualmente disponibili, si raggiungerebbe la cifra di € 1.181.950.000.000.000 (un milione di miliardi di €), certamente adeguata agli scopi qui ipotizzati.
Il controllo di queste somme e spese e la periodica rendicontazione, a cura della Corte dei Conti, dovrebbe essere pubblica e disponibile ad ogni cittadino.
E allora? La scelta e le priorità delle opere da mettere in cantiere dovrebbero essere necessariamente fatte dallo Stato, con specifica competenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Per quanto riguarda la geologia, è doveroso pensare alla microzonazione sismica di tutte le aree urbanizzate, propedeutica a quella capillare operazione di compilazione del Fascicolo del Fabbricato di cui si diceva.
I geologi, da sempre disponibili ad ogni fattiva collaborazione, certamente potrebbero contribuire in modo determinante alla buona riuscita di un così vasto (utopistico?) progetto.