di Emilia de Rienzo
Non leggo molto i fumetti che del resto considero degni della massima attenzione. Non li leggo solo perché purtroppo non si può arrivare a tutto e bisogna operare delle scelte.
Claudia, però, mi ha dato quello che ha appena pubblicato e che parla della sua esperienza.
Lei si occupa da anni di ragazzi con problemi intellettivi e sa quanto io sia sensibile a questo argomento.
La sua attività è tenere un laboratorio con questi ragazzi proprio di fumetto. L’idea è stata della dottoressa De Leo che gli ha chiesto di lavorare con dei ragazzi che stava seguendo e che erano interessati al disegno. Claudia ha colto questa opportunità con entusiasmo e ha accettato la sfida.
E’ purtroppo ancora molto diffusa la mentalità che questi ragazzi non abbiano nulla da dire, che siano sostanzialmente passivi e incapaci di apprendere e progredire. Funzionano purtroppo così ancora molti centri che li raccolgono non dando loro opportunità significative in cui cimentarsi. Il più delle volte comunque decidono gli educatori cosa debbano o possano fare.
Non la pensa così la dottoressa e neanche Claudia: infatti entrambe sono convinte che in ognuno di loro si nascondano potenzialità ancora inespresse, che bisogna dargli lo spazio per esprimerle ed esercitarle.
D’altro canto il compianto psichiatra Sacks ben diceva:
«Si può vedere una persona come irrimediabilmente menomata o così ricca di promesse e di potenzialità»
Quella di molti è, invece, una concezione statica, che vede l’handicap come deficit specie se intellettivo che non può avere evoluzione; l’altra, invece, è dinamica, e crede nell’evoluzione e nel cambiamento.
E da queste due concezioni scaturiscono due tipi di interventi diversi: uno che di fatto innalza una barriera con cui separare chi è più debole, da chi è considerato normale; un altro ben riassunto dal pedagogista Lev Semenovic Vygotskij che afferma:
«Non ci si può basare su quello che manca in un certo individuo, su quello che in lui non si manifesta, ma bisogna aver una sia pur vaga idea di quello che possiede, di quello che è» (1986) e su queste potenzialità cominciare a lavorare.
A Claudia vengono subito affidati quindi due ragazzi, Loreno e Flavia, con problematiche diverse fra di loro. Insieme iniziano il laboratorio di fumetto. Claudia, come dice Rodari, inizia “gettando un sasso”, una suggestione, una parola e
“Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio, nella sua pace o nel suo sonno, sono come richiamati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro”.
Ed il sasso sortisce il suo effetto.
Lavorare con le immagini è importante, troppo spesso si privilegia la parola.
Attraverso l’immagine si impara ad osservare, a fare attenzione ai particolari, alle forme e se, per esempio, Loreno non ha mai imparato a leggere le lettere come suoni, ha imparato a riconoscerle come immagini. Per questo riconoscerà le scritte che indicano le varie fermate della metropolitana, quando si proverà con lui la strada dell’autonomia.
Perché il bello di questo lavoro è che non è finalizzato solo a “fare fumetto”, ma partendo di lì si possono imparare anche cose utili alla vita, per intraprendere una vita il più possibile “normale”, tra “i normali”.
Dopo Loreno e Flavia, sono arrivati altri ragazzi e, grazie a questo libro, impariamo a conoscerli.
Vediamo i loro visi, le loro espressioni, li vediamo impegnati ad ascoltare Claudia che li guida e li stimola.
Scopriamo una piccola comunità in movimento che nasce intorno ad un interesse in comune.
Claudia ci racconta l’evoluzione e i progressi del gruppo e inserisce nel libro anche i loro lavori che si intercalano alle sue tavole.
Credo che sia molto importante che questo libro venga letto, perché le esperienze positive di crescita di questi ragazzi si raccontano poco, e poco si dice dell’entusiasmo di molti educatori che lavorano con loro. Quello che si capisce è che siamo davanti a ragazzi che assaporano la gioia di stare e di lavorare insieme. Il qui ed ora è importante. La fretta è fuori dalla porta. Ognuno è diverso dall’altro e si esprime in una sua modalità specifica.
Al contrario la società moderna non sembra conoscere il presente, ma soltanto un divenire senza meta che annienta nella fugacità ogni tappa ed ogni senso del cammino, consegnandoli ad un dileguare, a un continuo non essere. Per tutti c’è anche nel linguaggio più comune solo mancanza di tempo e fretta… “Non ho tempo” è una risposta classica di fronte al non compimento delle nostre relazioni o dei nostri desideri più profondi.
In questi gruppi invece il senso del presente è molto vivo e quello che ci consegnano come valore importante è la scoperta della lentezza come indispensabile prerogativa per l’ascolto e la costruzione di rapporti veramente e profondamente validi. Chi non ritrova questo valore difficilmente saprà ritrovare il dialogo, non quello che scavalca l’altro, ma quello che si mette in ascolto degli altri e di se stesso. Questi ragazzi hanno davvero qualcosa da insegnarci.
Il libro è bello, il tratto del disegno di Claudia ci dice qualcosa di lei: è chiaro, pulito, solare. Non credo che sia a caso la sua scelta dell’acquarello per la sua trasparenza e leggerezza.
Ma l’intento del libro è molto importante. Claudia ha voluto diffondere un messaggio: quello che ogni ragazzo ha delle possibilità da esprimere, che bisogna offrirgli opportunità diverse a seconda dei loro interessi e delle loro potenzialità.
Perché nessun ragazzo è uguale ad un altro e la tendenza a generalizzare o a rinchiudere in categorie equivale a costruire intorno a loro una gabbia.
Le gabbie vanno spezzate. I ragazzi devono poter vivere in mezzo agli altri, insieme agli altri
Il libro verrà presentato DOMENICA 18 Dicembre ore 16,30 all’interno di 2 giornate (17 -18 dicembre): HAPPENING dei Cittadini al PARCO della TESORIERA