LA PLURALITA’ DELL’INTELLIGENZA
Gli studi di J. A. Fodor ( La mente modulare. Saggio di psicologia delle facoltà, Il Mulino, Bologna 1999 – La mente non funziona così, Laterza, Bari 2001) evidenziano che l’architettura della mente è costituita, fin dalla nascita, da un insieme di elaboratori, altamente efficienti e specializzati per tipi di informazioni, i moduli, che codificano e manipolano, appunto, le informazioni. Nel corso dello sviluppo della specie questi moduli in rapporto anche agli stimoli dell’ambiente consentono di dare un senso al mondo.
Questi approfondimenti hanno consentito a H. Gardner ( Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano 2002) di scoprire che ogni individuo agiscono, interagiscono intelligenze diverse in contrasto con il tradizionale punto di vista dell’intelligenza considerata come una capacità unitaria che può essere misurata attraverso i tests.
Le varie intelligenze sono quelle riferite a logico-matematica, linguistica, spaziale, musicale, corporeo-cinestesica, interpersonale, intrapersonale, immaginativa, etica. In seguito , nel corso degli anni ’90, ha proposto l’aggiunta di altri due tipi di intelligenza: quella naturalistica, relativa al riconoscimento e alla classificazione di oggetti naturali, e quella esistenziale, che riguarderebbe la capacità di riflettere sulle questioni fondamentali concernente l’esistenza e più in generale nell’attitudine al ragionamento astratto per categorie concettuali universali.
D. Goleman scrive due testi interessanti a questo proposito: L’intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano 1988 e L’intelligenza sociale, Rizzoli, Milano 2006, che si possono sviluppare in modo differenziato sia in considerazione del bagaglio fisio/biologico innato sia per l’accentuarsi di interessi particolari del singolo, sia per l’influsso famigliare e sociale. In un altro testo di Gardner (Sapere per comprendere, Feltrinelli, Milano 1999) , a pag 79 egli afferma:
“…Anche se tutti possediamo l’intera gamma delle intelligenze, forse non esistono due persone che abbiano esattamente le stesse intelligenze, nello stesso grado e nella stessa combinazione; nemmeno i gemelli omozigoti sono così. Si aggiunga che la configurazione delle intelligenze e i loro rapporti mutano nel tempo per effetto delle esperienze che gli individui vivono e del senso che danno (o non danno) loro…”.
C) GLI STUDI DI BETTY EDWARDS: LE FUNZIONI DESTRA E SINISTRA DEL CERVELLO
Betty Edwards, al momento della stesura de Il NUOVO DISEGNARE CON LA PARTE DESTRA DEL CERVELLO, ed. italiana casa ed. Longanesi, Milano 2002 è docente presso la California State University di Long Beach e direttore del Center for the Educational Applications of Brain Hemisphere Research. Con gli altri suoi due libri: Disegnare ascoltando l’artista che è in noi e L’arte del colore (sempre presso Longanesi), nella sua lunga esperienza di insegnante d’arte,ha approfondito le tecniche del disegno, dell a pittura e lo sviluppo del pensiero divergente alla luce di una sua interessante teoria sulle modalità di funzionamento del cervello, da lei elaborata, che si presta a notevolissime applicazioni didattiche nel campo dell’insegnamento in generale e dell’arte in particolare.
Si presentano di seguito sintesi e estrapolazioni dal testo Il Nuovo disegnare con la parte destra del cervello (il suo libro base) poiché la sua teorizzazione è quanto mai interessante per approfondire i problemi legati al pensare dell’artista, al modo di funzionare del cervello quando crea, disegna.
B.Edwards fonda i suoi studi sulle ricerche del premio Nobel Roger W. Sperry, psicobiologo che aveva accertato che il cervello umano ha due modalità di pensiero diverse: una verbale, analitica e consequenziale e un’altra visiva, percettiva e globale, ugualmente importanti ma diverse. Occorre subito evidenziare, come abbiamo visto parlando di creatività, che la scuola e in generale la società promuovono, incentivano (anche per una plausibile preoccupazione legata alla necessità di adattamento dell’individuo all’ambiente) soprattutto il pensiero verbale, analitico, consequenziale a scapito del pensiero visivo, percettivo e globale (che a volte si blocca per sempre).
E’ il cervello sinistro (S) “che presiede alle funzioni verbali e razionali, pensa serialmente e riduce i pensieri in numeri, lettere e parole…Il cervello destro (D)” invece “ presiede alle funzioni non verbali e intuitive; pensa in modelli, o figure, che compongono il tutto e non ammette semplificazioni, né numeri né lettere né parole” (da Richard Bergland, scienziato e neurochirurgo, The Fabric of Mind, Viking Penguin, Inc., New York 1985, pag.1).
A pag 60 B.E.. raffronta in modo preciso le diverse funzioni dei due emisferi:
“S verbale: uso di parole per nominare, descrivere, definire D non verbale: consapevolezza delle cose senza il minimo ricorso alle parole
S analitica: soluzione di problemi per gradi, affrontando un aspetto per volta D sintetica: unione degli elementi di una situazione a formare un tutto
S simbolica: uso di simboli per rappresentare oggetti D concreta, reale: considerazione delle cose così come si presentano
S astratta: estrapolazione di un dato parziale per rappresentare l’oggetto intero D analogica: percezione delle somiglianze tra oggetti; comprensione dei rapporti basati sulla metafora
S temporale: applicazione di un ordine successivo a oggetti e azioni D atemporale: mancanza della dimensione del tempo
S razionale: formulazione di conclusioni in base a premesse e a fatti D non razionale: nessuna necessità di premesse o fatti; disponibilità a sospendere il giudizio
S digitale: uso ordinale dei dati, dei numeri D spaziale: osservazione della collocazione degli oggetti rispetto ad altri oggetti e delle parti rispetto all’intero
S logica: conclusioni in base a passaggi logici, concatenati e successivi D intuitiva: illuminazioni, improvvisa soluzione del problema
S lineare: pensieri in linea, p.convergente D globale: visione contemporanea di tutti gli aspetti di un oggetto o di un fatto, percezione di schemi e di strutture al completo e conseguenti conclusioni divergenti”
“Poiché la parola e il linguaggio sono capacità così vitali per l’uomo, gli scienziati del secolo scorso (l’autrice, ovviamente, si riferisce all’Ottocento) definirono l’emisfero cerebrale sinistro dominante o principale e quello destro subordinato o secondario. Fino a tempi recenti si credeva che l’emisfero destro fosse meno progredito, meno evoluto di quello sinistro”( B.E. pag 48)
B.E. ha scoperto che proprio poiché la funzione sinistra S è, come dicevamo, la più utilizzata, è quella che di solito si presenta a risolvere qualsiasi compito cognitivo (adattandolo, forzandolo alle sue modalità di pensiero convergente), impedendo sovente alla funzione destra D di emergere, cosa quanto mai necessaria quando si tratta di impegni più idonei ad essere risolti in modo visivo, percettivo, globale, proprio come quelli richiesti da problematiche creative o divergenti (e ovviamente B.E. che si interessa sostanzialmente del linguaggio grafo/pittorico-plastico ha ben ragione di porsi il problema).
Con soluzioni e interventi molto originali B.E. cerca di attivare la funzione D presentando alla funzione S compiti che questa rifiuterà (poiché non caratterizzati secondo le categorie funzionali descritte più sopra). In effetti parole, numeri, simboli o schemi, stereotipi che abbiamo elaborato sin da piccoli, passaggi logici, convergenti ci aiutano a riconoscere la realtà agevolando la capacità di identificare cose, riconoscere processi abituali e conosciuti e perciò rassicuranti, ma allo stesso tempo ci impediscono di confrontarci con il nuovo, lo sconosciuto. In sintesi B.E. a pag 19 dice:
“La teoria fondamentale” consiste nello “spiegare in termini essenziali la relazione tra il disegno e i processi visivi e percettivi del cervello e fornire le chiavi di accesso e di controllo di questi processi…Ciò che conta è sapere che le informazioni in entrata possono essere gestite in due modi assolutamente diversi …” Poiché è anche utile capire come far entrare in funzione l’uno o l’altro dei due emisferi B.E. ci ricorda a pag.21 che “nuove scoperte sulla funzione del grosso fascio di fibre nervose che connette i due emisferi, il corpo calloso (che concilia, fa comunicare i due emisferi), indicano che esso può inibire il passaggio di informazioni da un emisfero all’altro quando il compito richiede l’esclusione di uno di essi”.
Occorre anche evidenziare che le ricerche hanno dimostrato che i due modi di elaborazione degli emisferi tendono sovente a interferire tra loro impedendo a entrambi di ottenere le migliori prestazioni.
Il problema, al fine di evitare interferenze, è, a volte, di separare i due emisferi per la miglior resa delle loro performance. B.E. ci dice che questo avviene quando riusciamo a creare, per quanto riguarda la capacità visiva che qui viene considerata, un lieve “stato” di trance che ci consente di vedere realmente le cose per come sono senza interferenze del cervello sinistro.
Innanzitutto, come ci dice Kimon Nicolaides (The Natural Way to Draw, 1941):
“Imparare a disegnare è in realtà imparare a vedere nel modo giusto, che è molto più che semplicemente guardare con gli occhi”; B.E. ci ricorda in effetti che per dipingere, disegnare, occorre creare quelle condizioni che favoriscono il passaggio della mente a quello stato “lievemente alterato” che tutti i pittori conoscono (silenzio, lasciar andare la mente liberamente, non ricercare soluzioni ma lasciar vagare il pensiero, lasciarsi suggestionare dal tratto appena accennato, dal colore appena abbozzato). In questo modo possiamo attivare al meglio le capacità “destre”.
B.E. ribadisce in sintesi che:
“entrambi gli emisferi captano gli stessi dati sensoriali, ma le due metà del cervello possono elaborare le informazioni in maniera diversa. Il compito può essere diviso tra i due emisferi così che ciascuno si trovi a gestire la parte che meglio si confà al suo stile, oppure uno degli emisferi, più spesso quello dominante, cioè il sinistro, assume la guida, inibendo l’altro” (pag.54).
Proprio per questo motivo occorre imbrigliare le funzioni sinistre quando si vuole al meglio ottenere le prestazioni destre (vedere effettivamente le cose senza che gli stereotipi acquisiti, o le definizioni verbali distorcano ciò che vediamo) e questo si ottiene, come si diceva, cercando di lasciar fluttuare il pensiero senza condizionamenti o proponendo al cervello compiti che l’emisfero sinistro non gradisce (perché si impediscono gli incasellamenti verbali o cognitivi di tipo convergente)
“Poiché il disegnare è quasi esclusivamente una funzione dell’emisfero destro dobbiamo cercare di escluderne l’emisfero sinistro. I nostri problemi nascono dal fatto che esso è dominante e, per di più, rapido; la sua tendenza è di farsi avanti precipitosamente con parole e simboli, assumendo anche compiti nei quali non eccelle affatto”(pag. 62).
Nel testo B.E. offre tutta una serie di giochi/esercizi per passare dall’E.S. all’E.D., per riuscire a “vedere” realmente forme, oggetti “dribblando” i condizionamenti dell’E.S.e avviare al disegno imparando realmente “a guardare”. Si rimanda al testo e alle esercitazioni proposte.
Leggi anche:
Analisi dei principali studi studi sulla Psicologia dell’artista e della creazione artistica (1)
Se l’emisfero sinistro è il cosiddetto dominante perché più veloce a rispondere agli stimoli in modo logico, beh mi viene da pensare all’importanza del gioco nei bambini. Una volta si giocava manipolando la terra, inventando nuove costruzioni, creando storie con la fantasia… ora questa fantasia è stata rimpiazzata dalla tecnologia.
Dovremmo riflettere sul fatto che:
* stare pari passo con il tempo, non sempre vuol dire benessere;
* ritornare alle usanze di “una volta” non vuol dire regredire…